La storia del compianto Nilo Covolan, che nel ’45 scambiò il suo violino con quello di una bambina polacca

Che valore ha un violino in tempo di guerra? A riportare alla memoria questa storia dal retrogusto malinconico e genuino, proprio come le terre del Trevigiano in quei tempi di povertà, è il professor Giancarlo Cunial, che in uno dei suoi ultimi post racconta uno spaccato della seconda Guerra mondiale visto con gli occhi di Nilo Covolan, classe 1924, scomparso nel 2013.

Nilo Covolan era un contadino, nell’ultimo periodo della sua vita residente a Cornuda, nato il 20 ottobre 1924 a Levada di Pederobba. Nel 1942 venne dichiarato abile per il servizio militare e nel 1943 si ritrovò in quella situazione confusa in cui si trovarono moltissimi suoi coetanei dopo l’armistizio dell’8 settembre: con un uniforme e un fucile che non rappresentavano più lo stesso schieramento di prima.

Così Covolan venne arrestato e trasferito al campo di lavoro di Kustrin, in Germania: lì venne impiegato in lavori di scavi e sistemazione strade, dove soffre il freddo e soprattutto la fame. L’8 ottobre del ’43 Nilo venne trasferito a Lanke, non lontano da Berlino, e da lì passò poi a un altro lager. Quando l’Esercito sovietico entrò al campo, decise di trasferire i prigionieri a Buckov, dove avvenne questo fatidico incontro.

Il racconto di Giancarlo Cunial

“Erano giorni leggeri quelli di Buckov, leggeri e liberi.

I prigionieri italiani, dopo due anni di lavori forzati nei campi tedeschi, erano tornati liberi: i russi erano arrivati ad aprile in un campo di lavoro vicino a Templin, avevano abbattuto i cancelli e trasferiti i prigionieri sopravvissuti a Buckov, un campo di raccolta e smistamento alla periferia di Berlino. Da lì, i prigionieri venivano – una tradotta al giorno – fatti rimpatriare nelle diverse nazioni di origine. Tra loro c’era Nilo Covolan, classe 1924, contadino, dal Comune di Cornuda ma di Onigo come parrocchia.

Era stato arruolato per la guerra ad agosto 1943: Mussolini era già caduto e Badoglio lo aveva sostituito; tutti dicevano che la guerra sarebbe finita di lì a poco. Neanche partì infatti per il fronte balcanico il nostro Nilo Covolan: non ne ebbe il tempo. Perché una bella mattina di settembre nella caserma di Treviso arrivarono i tedeschi, li arrestarono tutti e li mandarono a lavorare in Germania.

Nilo era alto un metro e 85 e pesava un’ottantina di chili quando lo caricarono alla stazione di Treviso nei carri bestiame per la Germania: nei due anni di prigionia arrivò a pesare 50 chili “con le strazze”.

E adesso che era tornato libero, gli pareva di respirare già meglio, anche se la fame e la stanchezza continuavano a mordergli lo stomaco e la resistenza fisica. Quelle giornate di libertà vigilata per le vie di Buckov in attesa di rimpatriare, Nilo le passava a fare lavori o a riposare nella baracca o passeggiando per la città ancora fumante dai bombardamenti della drammatica battaglia di Berlino.

Un giorno Nilo trovò dentro a un baule abbandonato un violino, uno Stradivari dicevano, che quando poteva si metteva a strimpellare con stile e sussiego come sapesse davvero suonarlo. Era la sua musica della libertà.

Una volta, mentre scorreva felice l’archetto sulle corde, passò a piedi una carovana di polacchi diretti chissà dove: uscì dal gruppo una ragazzina di 12 anni circa che, come sentì suonare il violino, lo volle vedere. Nilo le consegnò il violino che lei sapeva suonare in modo sublime.

Possiamo fare cambio?” chiese a Nilo la piccola polacca porgendogli il suo violino di valore ordinario. Nilo accettò lo scambio per farla contenta e la bambina se n’andò felice con lo Stradivari.

Non l’avrebbe mai più vista ma da qualche parte dell’Europa i due violini avrebbero intrecciato le loro armonie. Perché tra tutti i violini che nascono c’è un legame sinfonico profondo. Perché la musica è più libera degli uomini e delle loro guerre e delle strade che essi percorrono.

E quando Nilo arrivò a Padova col treno (era il 20 settembre 1945), salutò il suo compagno di prigionia Vittorio Brugnaro, che avrebbe continuato la corsa per Carpenedo (Venezia), e gli consegnò il violino scambiato con la ragazzina polacca. Vittorio, che sapeva suonarlo, avrebbe continuato a far volare le armonie nel cielo della libertà”.

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it)
(Foto: Famiglia Covolan – Giancarlo Cunial).
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