Lo scorso giovedì 20 febbraio 2020 i membri di una squadra di storici, archeologi e geofisici da tutta Italia, coordinati dall’avvocato Danilo Riponti, studioso trevigiano del periodo medievale in Veneto, si sono incontrati a Farra di Soligo per discutere di un progetto riguardante l’isola veneziana di San Giorgio in Alga. L’isola è stata la sede di un monastero benedettino, fondato nell’XI secolo, mentre al 1144 risale la dedicazione della chiesa a San Giorgio martire.
L’aggiunta “in Alga”, invece, si deve alle molte alghe che crescevano nelle acque circostanti. Verso l’anno 1350 i benedettini furono sostituiti dagli agostiniani e nel 1397, quando nel monastero vivevano appena due religiosi, papa Bonifacio IX lo diede in commenda a Ludovico Barbo, giovane patrizio avviato alla carriera ecclesiastica. Nel 1404 lo stesso pontefice accolse la sua iniziativa di ospitare nelle strutture monastiche una comunità di giovani consacrati che si era venuta a formare negli anni precedenti: venne così fondata la congregazione di San Giorgio in Alga.
Questi eventi portarono nei decenni successivi alla ricostruzione degli edifici, ormai caduti in rovina: nel 1443 venne concluso il monastero, nel 1454 il campanile e nel 1458 la chiesa. Nel 1668, a causa della decadenza morale a cui era andata incontro, papa Clemente IX soppresse la congregazione. Nel monastero si insediarono dapprima i frati paolotti, quindi i carmelitani scalzi. A questi si deve il rinnovamento del complesso (1690-1716), ma già nel 1717 esso venne distrutto da un incendio che richiese un’ulteriore ricostruzione.
Dopo la caduta della Serenissima gli austriaci adibirono parte del monastero a carcere politico e cominciarono a realizzarvi delle strutture militari. Passata Venezia a Napoleone, il monastero venne definitivamente chiuso durante le soppressioni del 1806: i frati furono spostati nel convento annesso alla chiesa di Santa Maria di Nazareth, la chiesa distrutta e le rimanenti strutture ridotte a polveriera.
“Per questa isola – ha spiegato l’avvocato Danilo Riponti – vogliamo approfondire un tema estremamente interessante della storia spirituale di Venezia conoscendo ed esaminando la congregazione dei canonici regolari di San Giorgio in Alga. Questa piccola isola abbandonata di Venezia ha avuto una storia straordinaria. Ne abbiamo trattato in un libro della collana “Medievalia”, sulle presenze templari a Venezia, e quei pochi cenni che abbiamo effettuato hanno catalizzato un enorme interesse da parte della comunità scientifica e da più parti ci sono arrivati l’istanza e il suggerimento di creare uno studio vero e proprio su questa misteriosa congregazione religiosa”.
“Nei suoi 250 anni di storia – prosegue – la congregazione generò i più grandi teologi e santi della storia veneziana che sono stati i protagonisti della storia della Chiesa per tutto il periodo in cui la congregazione fu attiva. Operarono intorno alla congregazione due papi veneziani: Angelo Correr, papa Gregorio XII, e il grande papa Eugenio IV, Gabriele Condulmer, papa di straordinaria intuizione sotto diversi profili”.
“Su questa congregazione vogliamo fare un adeguato approfondimento storico e archivistico, approfondendo in particolare la figura del santo della congregazione, San Lorenzo Giustiniani, il primo patriarca di Venezia, che era una figura formatasi in questo cenacolo spirituale”, ha annunciato lo studioso trevigiano.
“L’idea successiva – conclude Riponti – è stata valutare se si possono creare le condizioni non soltanto per fare uno studio archivistico, ma addirittura di ipotizzarne un seguito di tipo archeologico. Si tratta di un’idea totalmente innovativa per la quale mi sono coordinato con il comandante Roberto Padoan che sta curando il progetto della “Terza Colonna”, progetto “Aurora”, che ha un approccio archeologico-operativo che si avvale di prestigiosi studiosi, geofisici e archeologi in modo tale da poter utilizzare l’esperienza che hanno creato con il loro progetto. Il progetto “Terza Colonna” ipotizza che, oltre alle due colonne di piazza San Marco, quelle di San Marco e di San Teodoro, una terza colonna sia purtroppo rovinata sul bacino Orseolo, e debba essere recuperata per tutto un patrimonio di conoscenze che il progetto “Aurora” sta cercando di portare a galla, molto complesso da un punto di vista tecnico ma di enorme interesse per la città di Venezia”.
(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
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