Passeggiando lungo la Pieve degli anni ‘60, costeggiamo la chiesa e tenendola alla nostra sinistra, iniziamo a percorrere via Sartori. La famiglia Sartori era tra l’altro ricca possidente di terreni e sono stati loro a donare il terreno per la costruzione della nuova chiesa.
Superato il duomo ci si imbatteva nell’ambulatorio dell’unico medico di famiglia, il dottor Ricamboni, e dopo di lui c’era Antiga, che commerciava frutta e verdura. Sulla strettoia si trova ancora oggi l’officina meccanica dei Villanova, al cui interno avevano pure il distributore di benzina.
Successivamente i pievigini ricorderanno la vecchia caserma dei Carabinieri, comandata dal maresciallo Fedele Licata. Superata la stradina che porta a borgo Soligo era appena stata chiusa l’officina metallurgica di Bepi Gerlin, con l’insegna ancora visibile oggi sulla facciata dell’edificio. Proprio attaccata c’era la sartoria per donna delle De Faveri, e poi ci si trovava davanti al collegio Balbi.
Oltre alla stradina che portava al Soligo, i ragazzi di allora sapevano che c’era la stradina del Diol che portava giù al Soligo seguita dall’osteria Bel Viale di Fiorin, che commerciava anche maiali, con annesso, come sempre, il suo campo da bocce.
L’osteria prendeva il nome dal fatto che in quel tratto di strada erano stati appena piantati una serie di alberi che avevano dato un certo tono alla via, chiamata appunto dai cittadini “Bel Viale”.
Negli anni ‘60 a quel punto non ci si imbatteva di certo nell’incrocio di via Aldo Moro: dopo la seconda Guerra mondiale in quel punto che fino ad allora era stato di campi, vennero costruite le prime case operaie e l’area veniva chiamata curiosamente Mauthausen.
Ritornando indietro, la parte destra di via Sartori cominciava in piazzetta Umberto I, con le confezioni di abbigliamento di Marcello Bertagnin, uno degli uomini più elegantemente vestiti del paese, secondo gli occhi di bambino di Piero Gerlin, d’altronde faceva il sarto!
Di seguito si poteva fare tappa dall’Eufemia per una comperare dolciumi e gelati: era la moglie di Aldo dei gelati, che aveva il laboratorio in borgo Stolfi. Più avanti si trovava la calzoleria dei De Faveri, con il loro laboratorio, poi l’osteria Al Campanile, che al mattino presto, mezzogiorno e sera dopo il lavoro era frequentatissima per bersi un’ombra in compagnia.
Oltre il vicolo che faceva angolo c’era lo scarper Giulietto Frare, che però aggiustava solo le scarpe. Il portone successivo era l’autorimessa di Arcangelo: la sua particolarità era che noleggiava anche un ex taxi, un 1100 musone di una volta, che aveva il divisorio di vetro tra i sedili di guida e i passeggeri.
Di seguito ci si poteva fermare alla locanda Al Gallo, sempre di sua proprietà, munita anche di biliardo. 50 metri più avanti Carlo Bertagnin aveva la sua sartoria con diverse apprendiste e nello stesso caseggiato c’era la bottega di alimentari della figlia, Alba Bertagnin. Appena oltre invece c’era la fabbrica delle prelibate bibite gassate di Piero Marchi.
Cinquanta metri dopo, ancora una sartoria, questa volta da uomo, di Maria Spina. Sulla stradina che rientra a destra si trovava poi la fabbrica dei rimorchi agricoli di Natale Bernardi, attiva ancora oggi. Proseguendo ci si trovava davanti all’abitazione e deposito dell’impresa del geometra Meneghin e successivamente si arriva all’incrocio del cimitero: all’angolo dopo c’era il lavasecco di Dall’Antonia-Collet e per ultimo, proprio al confine di Pieve di Soligo, chiudeva la via Italo Ronfini con il suo negozio di alimentari.
(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it)
(Foto: per concessione di Piero Gerlin).
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