Il villaggio fantasma di Fumegai, dimenticato tra i boschi di Arsiè: un intrigante sentiero da fiaba senza lieto fine

Un borgo in rovina al riparo dal giudizio della gente, nascosto dal muschio e dalle conifere. Una storia che alterna sogno e inquietudine, anni di vita di montagna e alcuni mesi di gioventù spensierata.

E tutto questo, quasi come in una fiaba per adulti, è ancora percepibile visitando il borgo fantasma di Fumegai, nascosto da qualche parte, tra le valli, nel Comune di Arsiè.

Anche solo per raggiungere questa località, attraverso un sentiero che sembra non portare da nessuna parte e che a tratti si perde (proprio come dovrebbe fare, in effetti, un sentiero che non esiste più) l’impressione è quella di addentrarsi in una foresta misteriosa, dove a ogni passo corrisponde un sospetto scricchiolio o un silenzio disarmante.

Il Lago del Corlo, un bacino artificiale molto apprezzato, ha la caratteristica di avere un che di spettrale in questa stagione, il che lo rende ancora più affascinante: i ponti che lo attraversano consentono di osservare lo specchio d’acqua direttamente a confronto con la roccia che vi affonda le fondamenta. In particolare, il Ponte della Vittoria, con due bastioni a porta quasi come nel ponte levatoio di un castello medievale, tende a dondolare.

Da lì, attraverso una breve e ripida salita si raggiunge la svolta per Fumegai, segnalata timidamente su cartelli di legno, come “sentiero numero 7”. Lungo quella stradina, voltandosi verso il basso, lo sguardo sprofonda negli abissi del terreno, dove un ruscello crea in fondo a una gola delle buie pozze. Nonostante la presenza di un tratto asfaltato e una ringhiera verde, si stenta a credere che fin lì, dove il sole non batte quasi mai, venga poi qualcuno per davvero: raggiungendo la prima contrada di Case Boldi si comprende che effettivamente qualcuno è nato e cresciuto in queste località isolate. Gli autoctoni, che non abbiamo incontrato, conoscono probabilmente molti più segreti di questa vallata: sanno la storia delle cinture di pietra che si sviluppano nel bosco, conoscono gli antichi sentieri che i loro avi facevano per raggiungere Arsié e sicuramente sanno qualcosa in più su Fumegai.

Salendo ancora, sotto la sagoma di un picco senza nome, si incontrano degli scorci davvero caratteristici, capaci di raccontare un passato ruvido fatto di fatica, di lunghi inverni, di orti ripidi e nessuna comodità. Poi un bivio ci porta fuori dal sentiero principale e da lì un corridoio di muschio ci accoglie, spingendoci a continuare fino in cima: in questo tratto troviamo piccoli segni del passaggio dei visitatori nel tempo. Il negativo di una vecchia macchina fotografica, un lembo di stoffa legato a un ramoscello, una bottiglia di vino posizionata rovescia sopra un muretto. In cima agli ormai insignificanti gradini che concludono il sentiero si scorge finalmente questo borgo fantasma, inquietante quanto magnetico.

In realtà, Fumegai è un insediamento non troppo antico: vi si stabilì una comunità di contadini alla fine del diciannovesimo secolo. Erano persone particolarmente povere, e da qui il nome Fumegai, che ha a che fare con la loro presumibile condizione, così, “fuligginosa”. Gli edifici sono molto grandi e nonostante tutto ancora in piedi, a parte qualche tetto che è crollato.

Appena raggiunto il primo edificio si possono notare un pozzo e più avanti una fontana. La vita a Fumegai, specie in inverno, doveva essere davvero difficile: tanto che in pochi decenni, le nuove generazioni lasciarono il borghetto fondato dai loro genitori e scesero a valle a cercar fortuna.

La storia di Fumegai non sarebbe così particolare se non fosse per la seconda parte della sua esistenza: negli anni Sessanta un gruppo di hippie venne a sapere della presenza di un’oasi abbandonata in un bosco umido tra le montagne del feltrino, là dove una casa poteva ospitare diversi posti letto e dove fare baccano, fumare e disegnare sulle pareti simbologie esoteriche non sarebbe mai stato un problema. Chissà cos’avranno pensato gli abitanti di Case Boldi, vedendo una truppa di hippie risalire il loro sentiero.

La ragione della “fuga” di questo gruppetto dal borgo di Fumegai non è del tutto tersa e forse proprio per questo il villaggio tende a fare paura: in particolare si rabbrividisce fermandosi a osservare i dettagli dell’area. Un lembo di vestito giallo appeso a una parete, un pacchetto di sigarette aperto, un mazzo di carte sparso sul pavimento, un materasso piegato e bucato con un punteruolo, una bambola, un solo scarpone consunto. Sembrano i segni di un abbandono improvviso: come se a Fumegai fosse suonato un allarme di notte e tutti si fossero precipitati a valle. Alcune fonti sostengono che il villaggio fu lasciato in seguito a una retata delle forze dell’ordine, che seguì a un fatto raccapricciante avvenuto proprio in una di quelle case. Altri sostengono semplicemente che anche il modo di vivere spensierato che veniva predicato dagli hippie venisse difficile, quando la temperatura scendeva sotto lo zero.

La storia stessa del villaggio è fumosa, anche perché l’archivio comunale di Arsiè è andato in fiamme negli anni Novanta: a ritrovare e ricostruire questi frammenti nel 2016 è stato il fotografo Massimo Zanetti, che assieme a Marco De Mattia, ne ha fatto un’opera in due volumi dal titolo “Oblivion – Il borgo fantasma”.

Cosa potrà diventare Fumegai sarà da decidere. Mantenerlo un luogo abbandonato e misterioso, cercando di valorizzarlo (ma non troppo, altrimenti prende colore) come una sorta di meta temperata di turismo “grigio”? Trasformarlo in quello che era un tempo? Un villaggio isolato capace di riportare la gente a vivere come nell’Ottocento?

“Attualmente non ci sono progettualità relative a Fumegai, – afferma il sindaco di Arsié Luca Strapazzon – ma la comunità tiene particolarmente a questa storia, così come i tanti turisti che da qui a qualche anno vengono a vedere il villaggio. Purtroppo, le difficoltà per una riqualificazione sono molteplici: il villaggio si trova in un’area impossibile da raggiungere con i mezzi e, soprattutto, le abitazioni sono attualmente in proprietà privata. Sarebbe davvero bello riuscire a rendergli onore, anche per incentivare il turismo in quest’area”.

Forse, come per una maledizione, il destino di questo borgo sarà sempre quello di venire abbandonato e poi riscoperto, abbandonato e poi riscoperto, per l’eternità.

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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