Nella piana della destra Piave, a metà strada fra Maser e Montebelluna, sorge Caerano di San Marco, ottomila abitanti, la cui prima attestazione ufficiale risale a un atto notarile del 1148 nel quale si permuta un terreno “in villa de Cairano, supra ripam”.
La storia che precede questa testimonianza, fatto salvo qualche ritrovamento archeologico, è piuttosto oscura. Esclusa dalle centuriazioni romane di Treviso e Asolo, vissuta per secoli all’ombra di Montebelluna, Caerano di San Marco è collocata in un sito nel quale l’accumulo dei detriti alluvionali del Piave e del Cismon ha conferito al terreno una caratteristica colorazione bruno-rossastra.
Il toponimo Caerano è ritenuto un prediale legato a tale Cavarius o Caprius; la denominazione “di San Marco”, aggiunta nel 1872, è un agionimo derivante dalla presenza in loco di una cappella consacrata all’Evangelista ed edificata attorno alla prima metà del Duecento. Un tempietto che, in età altomedievale e moderna, ha rappresentato il fulcro della vita sociale e religiosa del borgo originario.
Comune autonomo sino al 1927, dopo una parentesi nella quale è stato una frazione montebellunese, Caerano di San Marco riacquista la propria dignità municipale all’indomani della seconda guerra mondiale.
Protagonista del blasone civico è il Leone di San Marco su sfondo rosso. Soggetto meritevole di ben più ampia e autorevole trattazione, il Leone Marciano caeranese è del tipo “andante” poiché il profilo del suo corpo è completamente rappresentato; la base verde attraversata dalla banda argentata sono la metafora di una campagna resa ubertosa dalle sistemazioni idriche iniziate nel XV secolo.
Meta della nostra consueta passeggiata nel borgo sono proprio queste opere idrauliche e segnatamente la Brentella o Canale di Caerano. Fortemente voluta per ovviare all’aridità del suolo, l’opera risale al Quattrocento ed è una diramazione della Brentella di Pederobba che dalla zona di Fener devia le acque del Piave nel Trevigiano. Tale fu la sua importanza che, nel Settecento, la popolazione di Caerano era addirittura triplicata.
Le acque non furono soltanto una benedizione per i contadini, ma consentirono un progresso del quale beneficiarono mugnai, follatori, fabbri ferrai e da cui prese avvio la produzione di energia idroelettrica.
Un’escursione di circa tredici chilometri, sulle sponde del canale principale e delle sue rogge, ci porterà alla scoperta di antichi mulini e di storici opifici che punteggiano il territorio. Prima di ripartire brindiamo, con un sapido Merlot, all’abilità e alle fatiche di chi ha saputo regimare le acque favorendo la prosperità di Caerano e delle sue contrade.
(Fonte: Marcello Marzani © Qdpnews.it)
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