I cavalli maremmani pascolano nell’Alta Marca, alle pendici del Grappa, allo stato brado. Gli stalloni hanno nomi altisonanti come Vandalo degli Scalchi o Guelfo degli Scalchi, oppure c’è Urbina la fattrice.
Sono alcuni dei “pupilli” di Gianni Chimenti, un passato da rugbista (nel Petrarca Padova e nella Metalcrom Treviso) e un presente di grande appassionato della razza equina toscana, allevata con la collaborazione della moglie Julia a Cartigliano, nel Vicentino, ed a Crespano, Comune di Pieve del Grappa.
Gianni Chimenti, 80 anni, è un allevatore dal percorso singolare. È stato a lungo presidente dell’Associazione Cavalli Maremmani, ma proviene da una famiglia che da oltre un secolo è attiva nel settore farmaceutico.
Risale all’inizio del ‘900 l’apertura della prima farmacia dei Chimenti a Crespano del Grappa, a cui negli anni Ottanta del secolo scorso ha fatto seguito l’avvio di una seconda attività a Belluno.
Gianni Chimenti ha un laurea in farmacia, ha lavorato a lungo nel settore farmaceutico ospedaliero però ha votato gran parte del proprio tempo e talento alla sua “Società Agricola Springolo”, allevamento che cura la selezione e preparazione di cavalli destinati a competizioni sportive, sia a livello nazionale che internazionale.
Il tratto originale è che la scelta di Chimenti è ricaduta su una razza che non ha origine nella regione Veneto e tanto meno nella pedemontana trevigiana, bensì in Toscana. Il maremmano è il cavallo dei butteri, pastori dalla storia millenaria che cavalcano per seguire le mandrie di vacche e vitelli in un territorio fatto di acquitrini, boscaglie, colline e mare tra Toscana e Lazio.
L’origine del cavallo maremmano si perde nella notte dei tempi (la si fa risalire all’era estrusca) e come tutte le razze equine ha subìto numerose modificazioni dovute essenzialmenti agli usi bellici, lavorativi ed alimentari dell’uomo, rischiando anche di estinguersi negli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
Come per gli allevatori toscani e laziali, anche a Gianni Chimenti va dato atto di avere contribuito al mantenimento di questo cavallo (è stato lui ad introdurlo nel Nordest), versatile e affidabile, allevato allo stato brado ed abile per tanti usi a sella, vocato per l’attività agonistica in cui può raggiungere risultati di tutto rilievo.
“Oggi abbiamo dieci soggetti, tra fattrici e stalloni. A Cartigliano, vicino a Bassano del Grappa, abbiamo una stalla con i cavalli che prepariamo per le gare, il più giovane è un puledrino dei sei mesi Neve degli Scalchi”, racconta l’allevatore che parla con infinito affetto delle storie dei suoi “ragazzi e ragazze” maremmani: Zenzero, Itaca, Gattina, Vandalo, Guelfo, Mirto, Urbina, Neve, Ardosetta e Ardusa.
Questi ultimi nomi sono legati al territorio del Massiccio del Grappa, poichè così si chiamano due malghe di Crespano e di Pieve. La società agricola complessivamente conta quindici ettari di pascolo, di cui dieci si trovano in montagna a circa 700 metri slm.
L’allevatore trova la sua ispirazione nella secolare tradizione dei cavalli veneti: “Nell’Ottocento erano animali di buona qualità ed era particolarmente diffusa la razza Piave, conosciuta anche come Friulana, allevata allo stato brado lungo il fiume Piave. Era un cavallo capace di coprire lunghe distanze e usato come trottatore. Però la razza è scomparsa a causa della Prima guerra mondiale che ha devastato le terre del Piave. Crespano del Grappa ha un glorioso passato legato al mondo dei cavalli. Già prima dell’Unità d’Italia in paese era famoso l’allevamento della famiglia Rossi che con Giovanni, Giuseppe e Giannino ha selezionato dei trottatori inglesi e russi che hanno vinto le più importanti gare ippiche del loro tempo. Però con Giannino Rossi nel 1920 questa attività è completamente finita. In ricordo di Giuseppe resta un bellissimo monumento funebre nel cimitero di Crespano. Dopo molti anni io ho preso in affitto i terreni della famiglia Rossi, che erano stati acquistati dal notaio Cunial. Mi sono detto che anch’io potevo fare come loro, però allevando cavalli italiani. E la mia scelta è caduta sui maremmani, per attività agonistica e da riproduzione. Qualsiasi razza se non viene venduta non ha un avvenire”.
(Fonte: Cristiana Sparvoli © Qdpnews.it)
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