Pederobba, mani giovani per un’arte antica: il mestiere del maniscalco nel 2020 raccontato da Ivan Sabadotto

 

Si sbaglia chi pensa che fare il maniscalco significhi solo ferrare un cavallo. Essere un maniscalco significa lavorare in sinergia con veterinari e padroni, significa studiare a lungo e fare pratica sul campo, prendendosi anche qualche pestone ogni tanto.

Chi pensa poi che sia un mestiere facile, continua a sbagliarsi: la tecnica è di precisione, bisogna adattare il ferro al piede con una serie di passaggi che certamente non può svolgere un macchinario.

Mentre scarica l’attrezzatura dal suo furgone alla scuola di equitazione “I Rigai” Asd di Pederobba, Ivan Sabadotto procede con metodo, senza perdere tempo: la sua giornata tipo prevede una serie di tappe che possono contare anche una decina di cavalli.

“Se un tempo erano i padroni con i loro animali a venire nella bottega del maniscalco, oggi le cose si sono invertite e sono io ad andare da loro” dice.

Il mestiere di Ivan forse si può descrivere con la parola “cura”: cura dell’animale, della sua salute, delle sue caratteristiche anatomiche; quando un cavallo sta bene non è solo perché ha mangiato a sufficienza, il merito è anche di chi se ne prende cura a livello fisico.

“Per fare un buon lavoro, si inizia limando e pareggiando l’unghia – spiega Ivan, prendendosi uno zoccolo tra le ginocchia – il cavallo non sente male nè si infastidisce. Si procede con metodo, avendo attenzione di rispettare la forma e le eventuali particolarità del piede”.

Ferrare un cavallo non è per forza obbligatorio ma oltre a mantenere l’animale in buone condizioni, è utile a curare alcune malattie dell’unghia o del piede, a correggere certi difetti o a facilitare il passaggio in terreni difficili.

Dopo aver preparato il piede si passa al classico ferro: ce ne sono di diversi materiali e grandezze e Ivan spiega che per ogni cavallo la ferratura è personalizzata, dovendo adattare la forma dei ferri a tutte e quattro le zampe, che non sono certo identiche tra loro.

“Questo significa scaldarlo per poterlo modellare, fare una prova per vedere se si adatta al piede, tornare a scaldarlo e rimodellarlo fino a trovare la misura perfetta”.

La scuderia risuona dei colpi del martello di Ivan, che poi passa a limare il ferro per togliere ogni spigolatura pericolosa per l’uomo e l’animale, poi un sibilo e un fumo acre: è il ferro incandescente che aderisce perfettamente all’unghia del cavallo, incollandosi.

“Adesso tocca ai chiodi – dice Ivan accarezzando Scandal – abbiamo quasi finito”. Per mantenere il ferro saldo allo zoccolo bisogna incollarlo o inchiodarlo: sono necessari da 4 a 9 chiodi dalla testa quadrata per creare un’armatura che regga dai 35 ai 40 giorni, poi tutto ricomincia daccapo.

Anche per questo passaggio ci vuole assoluta precisone: “C’ è una direzione da seguire in modo che il chiodo resti sempre nella parte dura dell’unghia ed esca verso l’esterno: in questo modo possiamo piegarlo e tagliarlo per non creare sporgenze nello zoccolo”.

A cavallo ferrato, sotto con un altro: Ivan è giovane ma è abituato fin da piccolo ad avere a che fare con questi animali e ha avuto il tempo di perfezionarsi imparando i segreti del mestiere da apprendista, per poi mettersi in proprio.

“Più che montare mi piaceva tutto il lavoro che c’era dietro, ho intrapreso questa strada facendo la classica gavetta ma ora con il mio furgone sono autonomo e ho la possibilità di venire a contatto con molte realtà diverse tra loro” svela, e continua:  “Prendo molto seriamente questo mestiere, il mio biglietto da visita è la soddisfazione del cliente: quando mi chiamano per ringraziarmi perché il loro cavallo sta meglio o ha fatto un’ottima gara io so di aver fatto un buon lavoro e alla lunga questo paga più di ogni altra cosa”.

 

(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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