I Cimbri del Cansiglio: la storia degli “uomini del bosco” venuti dal Nord

Da oltre due secoli il Cansiglio ospita una comunità cimbra la cui origine affonda le radici ai tempi dei romani. Quando l’impero si avviò al declino, delle popolazioni provenienti dall’Europa settentrionale si stabilirono nelle zone montane e pedemontane del Veneto dove crearono delle solide comunità di villaggio unite da un’unica lingua di ceppo germanico oltre che da usanze e tradizioni tramandate da una generazione all’altra. I Cimbri sono “uomini del bosco”, abituati a vivere al limitare delle foreste (“tzimberer” significa boscaiolo) e noti per la loro abilità nella lavorazione del legno.

Nel Veneto la popolazione cimbra si stabilì in Lessinia e sull’Altopiano di Asiago attorno all’anno 1000 per poi insediarsi in Cansiglio solo alla fine del Settecento, dopo la caduta della Serenissima. Sotto il dominio dei Veneziani ai Cimbri asiaghesi venne assegnato il compito di sorvegliare i confini settentrionali dell’Altopiano in cambio di consistenti privilegi: erano esentati dalla leva militare, dal pagamento di tasse e potevano usufruire liberamente del legname, materia prima fondamentale per la loro piccola ma fiorente economia. 

Con l’arrivo di Napoleone, e con la conseguente perdita di questi privilegi, alcune famiglie cimbre di Roana emigrarono in Cansiglio attirate dalla presenza di una delle più grandi foreste di faggio d’Europa. È così che sul finire del Settecento i Gandin, gli Slaviero, i Bonato e gli Azzalini – le principali famiglie cimbre del Cansiglio – si stabilirono in piccoli villaggi ai margini del bosco dal quale attingere il legno per la produzione artigianale. 

Fra questi migranti provenienti da Asiago ci sono anche gli antenati di Innocente Azzalini, consigliere e membro fondatore dell’Associazione culturale Cimbri del Cansiglio.

“Sono uno degli ultimi nati nella foresta, alle undici e mezzo di sera, senza luce e acqua: per la levatrice non sarei arrivato al mattino – racconta Azzalini -. La mia famiglia si è insediata qui alla fine del Settecento, dapprima a Pian Canaie, e poi nei villaggi nuovi più vicini alle vie di comunicazione. Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi incendiarono le nostre case. Molti se ne andarono per sempre, ma i più tenaci fecero ritorno in Cansiglio ricostruendo le proprie abitazioni”.

È il caso dei villaggi di Le Rotte e Vallorch ricostruiti dopo la guerra nel rispetto dell’architettura originale e ora abitati perlopiù nel periodo estivo. Questi villaggi sono inseriti nell’Antico Troi dei Cimbri, un sentiero storico-naturalistico di facile accessibilità. Dei molti villaggi cimbri del Cansiglio (Pich, Pian Osteria, Val Bona, Campon, Canaie e Pian dei Lovi) solo Campon e Pian Osteria sono oggi stabilmente abitati. Tra i più antichi, ora disabitati, citiamo Canaie Vecio, nell’omonima piana, trasformato in un’area museale dove osservare non solo i resti delle antiche case cimbre ma anche una loro fedele ricostruzione. 

Percorrendo il sentiero in mezzo al bosco che sale a Canaie Vecio il pensiero va ai lunghi e gelidi inverni alpini, quando la foresta veniva coperta da un manto di neve. La vita dei Cimbri si svolgeva in minuscole abitazioni dove famiglie anche numerose vivevano in appena due stanze e un soppalco dove si dormiva in letti di paglia. Come si noterà dalla ricostruzione del “casone” cimbro, le costruzioni venivano realizzate su un basamento in sasso che le elevava di un metro dal terreno proteggendo così le pareti in legno della struttura in occasione delle grandi nevicate. Ciascun villaggio era autonomo in quanto dotato di una fonte d’acqua, di un orto (si coltivavano perlopiù cavoli e patate rosse) e di una chiesa. I Cimbri erano cattolici tanto devoti che non di rado chiamavano i loro sacerdoti direttamente dalla Baviera per ascoltare la messa nella loro lingua: un tedesco alto medievale in uso fino all’Ottocento. La vita quotidiana si divideva dunque fra il bosco, l’orto, la chiesa e la “huta”, il laboratorio adibito alla produzione artigianale degli “scatoi” ovvero piccoli utensili in legno di faggio destinati al commercio

Diversi esemplari di questi oggetti tradizionali  sono conservati al Museo Regionale dell’Uomo in Cansiglio a Pian Osteria (Tambre) che ripercorre la storia dell’antropizzazione del Cansiglio dalla Preistoria a oggi. Dalle fasce per la conservazione del formaggio a delle maxi mandole per tagliare i crauti, fino al tipico “piegador” per lavorare le sottili tavole in legno di faggio, solo osservando da vicino questi utensili ci si farà un’idea della straordinaria manualità dei Cimbri i cui saperi e tradizioni rischierebbero di scomparire se non fosse per l’importante lavoro svolto dagli stessi membri di questa comunità impegnati nel salvaguardare e nel fare conoscere i propri usi e costumi. Attualmente, le comunità cimbre dell’arco alpino e prealpino sono presenti in Cansiglio, sull’Altopiano di Asiago, nei tredici comuni della Lessinia, nell’alto Veronese, e a Luserna, sull’Altopiano del Vezzena, in provincia di Trento. I Cimbri sono riconosciuti come “minoranza etnica linguistica storica”. 

(Fonte: Rossana Santolin © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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