Un atlante per riscoprire i castelli tra Piave e Livenza, testimoni e custodi delle nostre origini grazie agli studi di Michele Zanchetta

Castelli e borghi fortificati hanno plasmato il nostro territorio, gettando spesso i semi da cui sono nate le comunità in cui oggi viviamo, e ora una nuova opera vuole far luce su questo snodo fondamentale della storia locale: l’Atlante dei castelli tra Piave e Livenza firmato da Michele Zanchetta e edito da De Bastiani.

C’è stato un tempo in cui il presidio e la difesa del territorio erano affidati a possenti mura di pietra e torri posizionate nel punto giusto per dominare vallate e pianure: nei secoli turbolenti tra la caduta dell’impero romano e l’alto Medioevo scegliere dove insediarsi era soprattutto una questione di protezione e sicurezza da saccheggi e brigantaggio.

Strutture fortificate incastonate nelle nostre terre come gioielli infrangibili, fatte per durare ma pensate per un modo di fare la guerra che il progresso scientifico rese inevitabilmente obsolete.

Altrettanto inevitabile per quelle imponenti opere fuori dal tempo andare incontro a destini differenti, dall’essere scelte come sedi di rappresentanza del potere politico al venire utilizzate come granai, cave o addirittura cimiteri. Oppure, nei peggiori dei casi, venire letteralmente divorate dal progresso o dalla natura che nei secoli ha riconquistato il proprio presidio.

Una miriade di storie che Michele Zanchetta, archeologo professionista e studioso, ha ricostruito in oltre due decenni di ricerca tanto sul campo quanto nelle fonti, e poi raccolto in un volume che, per la sua impostazione di metodica ricostruzione geografica e storica del processo di incastellamento, non può che definirsi un vero e proprio atlante.

Non si è trattato infatti di mettere semplicemente nero su bianco l’esistente già conosciuto ai più, ma di censire anche quelle fortificazioni che hanno subito importanti modifiche nel tempo fino a perdere la consapevolezza della loro origine nella memoria collettiva, e addirittura anche quelle non più esistenti ma che qualche indizio, nelle fonti antiche o nella toponomastica, l’hanno comunque lasciato.

Un lavoro certosino di esplorazione e indagine su un ampio territorio, delimitato da confini oroidrografici naturali e pertinente ben quattro province, Treviso, Belluno, Venezia e Pordenone, che ha generato tra l’altro una mole di dati a cui lo studioso ha voluto dare un’inedita lettura multidisciplinare grazie alla collaborazione dell’archeologo Massimo De Piero e del matematico Francesco Morandin, autori rispettivamente degli apparati topografici e statistici del volume.

Oltre all’ambizione dello sguardo di insieme, c’è però anche la consapevolezza del fatto che ogni luogo ha una propria vicenda, e che i traguardi nella ricerca storica non sono punti di arrivo ma sempre nuovi punti di partenza.

E così anche il castello probabilmente più celebre e studiato del Veneto orientale, quello di Conegliano che è anche città natale dello studioso, offre la possibilità di una lettura non scontata di un luogo che è simbolo della città, ma anche emblematico caso di studio del rapporto instaurato dalle comunità con le proprie fortezze antiche.

L’affascinante rocca sulla cui tutela e valorizzazione la comunità si interroga ormai da decenni, è in realtà quello che rimane di una struttura fortificata che nel momento di maggior potere poté contare di varie decine di torri, un tale simbolo di forza da spingere la città a cercare, senza successo, la propria autonomia alternativamente dalle influenze bellunesi e trevigiane.

E quando il Cima ne rappresentò le mura grandiose, nelle sue tele di fine Quattrocento che lo avrebbero reso famoso in tutto il mondo, il castello aveva ormai esaurito la sua funzione militare e, ancora sede del potere politico, si stava avviando verso un inesorabile periodo di rovina.

Tra quell’ultimo momento di splendore fissato ad aeternum e il lento percorso di recupero iniziato nel Novecento, e non ancora concluso, secoli di abbandono, saccheggi, crolli e ricostruzioni dal sapore romantico ormai date per acquisite pur nella loro evidente astoricitá.

Insomma, ogni castello ha una storia che ne contiene tante altre, e nel caso dei castelli dell’Alta Marca Trevigiana sono talmente tante che solo un atlante poteva contenerle tutte.


(Fonte: Redazione Qdpnews.it© Qdpnews.it)
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