Toponimi della Marca trevigiana, Trevignano: per antichi sentieri alla scoperta di una strana torre

La tappa di oggi è Trevignano, comune di undicimila abitanti nella destra Piave.

Si tratta di una sosta nell’accezione più completa del termine poiché la Trevignano romana pare fosse una stazione di posta, una mansio, organizzata per rifocillare i viaggiatori e le loro cavalcature, fornire alloggio e protezione: dal latino manere cioè restare, rimanere.

Il nome geografico Trevignano è un “prediale”, cioè un toponimo collegato con la proprietà di un podere, di un fondo rustico, di un terreno agricolo. Come l’omonima cittadina sulle sponde del lago di Bracciano, Trevignano Romano, il paese veneto deve il proprio nome a un tale Trebinius che, in epoca antica, vantava una significativa proprietà fondiaria in loco.

Forse una villa, fattoria con pertinenza poderale, da cui i termini villaggio, villico e villano, questi ultimi intesi come “abitanti della campagna”.

Insediamento paleoveneto e successivamente romano, Trevignano non era affatto una contrada remota, bensì un importante crocevia che collegava Montebelluna, Treviso, il litorale adriatico e la pianura Padana.

Alcuni storici, scettici sulla teoria della stazione di posta, prediligono l’ipotesi dell’oppidum, un insediamento fortificato deputato a contrastare le incursioni barbariche.

L’efficiente rete viaria e la fertilità del terreno hanno favorito lo sviluppo demografico, commerciale ed economico del presidio trevignanese che nel tempo è divenuto un villaggio. Vocata all’agricoltura per la fertilità del suolo e l’abbondanza di acque, in età altomedievale la terra di Trebinius è stata individuata quale fondaco pubblico, cioè centro di approvigionamento del grano per l’intera provincia in caso di carestia. Ancora oggi, sul blasone municipale, campeggia un’elegante spiga d’oro.

Come tutte le campagne venete e italiane, anche a Trevignano si sono alternate epoche di prosperità e periodi bui, conseguenza di guerre, epidemie e calamità. Il paesaggio agrario è mutato per cause naturali, ma soprattutto per mano dell’uomo che non traendo più profitto da certe colture ha decretato la pressoché definitiva scomparsa di immagini un tempo comuni, come i filari di gelsi lungo le strade campestri.

Per riappropriarci, seppure fugacemente, del nostro passato percorriamo uno dei tanti cavedìn, i sentieri rurali di Trevignano e cerchiamo la colombèra: una torre a pianta quadrata, provvista di una scaletta interna, utilizzata per l’allevamento dei colombi dai proprietari delle ville venete. Quella di Trevignano, che apparteneva alla famiglia Onigo, nonostante i segni del tempo, mantiene inalterata la propria dignità di monumento alla laboriosità e all’ingegnosità contadina.      

(Autore: Marcello Marzani).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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