Tra gli affreschi riscoperti della chiesa parrocchiale di Mareno di Piave, citata per la prima volta nel 1208

A Mareno di Piave si erge elegante la Chiesa Santi Pietro e Paolo, un luogo dove la devozione popolare attraversa i secoli e si racconta attraverso l’arte. Un prezioso scrigno di bellezza da scoprire lentamente. L’attestazione della Chiesa ci dà già un piccolo indizio, ovvero quello di essere un edificio di antica origine.

Nei documenti, infatti, è rimasta una traccia assai curiosa, il cui nome richiama l’ambiente in cui era inserito: San Pietro in bosco. Anticamente, infatti, la zona era caratterizzata da aree boschive e paludose e nel corso dei secoli subì diverse trasformazioni e consistenti bonifiche. Citato per la prima volta nel 1208, l’edificio venne rimaneggiato e abbellito più volte nel corso XV e XVI secolo fino ad arrivare al XVIII secolo con un vero e proprio drastico intervento.

Nel 1733 la nuova Chiesa fu ultimata e la sua antica attestazione modificata in Santi Pietro e Paolo. Venne consacrata nel 1786 dal Vescovo Lorenzo Da Ponte. Nel 1918 venne però colpito l’antico campanile dagli austriaci in ritarata, che crollando, danneggiò il presbiterio e la sacrestia. Fu nuovamente ampliata e ricostruita a croce latina.

L’interno, ad un’unica navata, risulta essere ampio e luminoso, e conserva un numero considerevole di opere di pregio: diverse tele, tra cui una del coneglianese Francesco Beccaruzzi raffigurante la Madonna con Gesù e i santi Patroni Pietro, Paolo, Sebastiano, Rocco, Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria; un sorprendente soffitto dipinto dal veneziano Antonio Canal che domina il centro della navata con l’Incoronazione della Vergine e la gloria dei Santi Patroni Pietro e Paolo.

Meritevoli di attenzione sono anche i quattro altari laterali che presentano opere d’arte di grande valore artistico e simbolico come la Madonna del Rosario, opera del 1919 dello scultore Celotti, che ogni anno viene portata in processione; ma quello che più ci affascina sono gli affreschi conservati sulla parete sinistra, testimoni silenti dell’antico oratorio campestre. Un palinsesto di affreschi parzialmente conservati in cui si distinguono nettamente i due momenti di intervento.

La forte devozione popolare è testimoniata dalla presenza di due Madonne in trono con Bambino e la stessa mano, tutt’ora sconosciuta, realizza l’Ultima Cena, purtroppo frammentata ma di grande significato. Il particolare della tavola imbandita con pane e vino vede la presenza dei gamberi rossi, simbolo cristologico della Resurrezione. Una seconda fase d’intervento, probabilmente attorno al 1466, sono gli affreschi attribuiti a Giovanni di Francia, raffiguranti le scene della Passione di Cristo.

L’invito è quello di osservare i tanti dettagli presenti in queste espressioni d’arte perché l’incontro di linguaggi diversi sono ancora oggi particolarmente eloquenti.

(Autore: Giada Cattelan).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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