L’amato e tradizionale Uovo di Pasqua: dalle usanze e credenze degli antichi ad oggi. Nel nostro territorio anche con la “Righea”

Fondente, al latte, bianco o al pistacchio: da febbraio, subito dopo i panettoni natalizi e i dolci carnevaleschi, inizia a fare capolino in tutti i negozi alimentari e non solo l’Uovo di Pasqua, un bene che tradizionalmente raffigura la vita e la sacralità, diventato simbolo della festività pasquale cristiana.

Il dono delle uova è documentato già fra gli antichi persiani, tra i quali era diffuso lo scambio all’avvento della stagione primaverile, simbolo della rinascita della natura. Lo troviamo, poi, in Egitto, in Grecia, in Cina e nel Medioevo quando, nella festività pasquale, veniva decorato a mano con disegni e dediche donandolo, successivamente, come regalo alla servitù. Negli anni successivi, le uova iniziarono ad essere fabbricate artificialmente e rivestite con materiali preziosi (argento, platino ed oro) e regalate agli aristocratici o ai nobili.

Nel Cristianesimo simboleggia la risurrezione di Gesù dal sepolcro. I primi cristiani della Mesopotamia dipingevano le uova con la colorazione rossa “in ricordo del sangue di Cristo, versato alla sua crocifissione”. Il Cattolicesimo riprese le tradizioni che vedevano nell’uovo un simbolo della vita, rielaborandole nella nuova prospettiva del Cristo risorto: un sasso privo di vita, così come il sepolcro di pietra nel quale era stato sepolto Gesù. Dentro l’uovo c’è però una nuova vita, pronta a sbocciare da ciò che sembrava morto.

Se fino a qualche decennio fa la preparazione delle classiche uova di cioccolato era per lo più affidata a maestri artigiani, tradizione dovuta all’orafo Peter Carl Fabergé nel 1883 con il primo uovo Fabergé, ora sono diventate un prodotto diffuso soprattutto in chiave commerciale. La produzione, in Italia, è affidata alle grandi ditte dolciarie anche se attualmente le uova a tema (cartone animato, film o squadra di calcio) hanno iniziato a diffondersi ed essere più apprezzate dai giovani.

A livello locale, nel nostro territorio, e in particolare nel vittoriese, è diffusa la tradizionale “Righea”, una specie di biliardo di argilla e arenaria, costruito sul terreno a forma di cucchiaio con uno scivolo dal quale lanciare le uova. Le uova sode, con il guscio in vari colori, vengono lasciate andare in un punto prestabilito e devono toccare quelle degli avversari. Ad ogni uovo toccato il giocatore guadagna la posta in soldi stabilita dal capo-righea. Il compito di raccogliere le uova è svolto solo dal ranzinier, il giocatore o lo spettatore munito di ranzin (lungo bastone di salice, con la punta a cappio, che consente di recuperare le uova senza rovinare la righea).

(Fonte: Monica Ghizzo © Qdpnews.it)
(Fonte e foto: Wikipedia e Turismovittorioveneto.it).
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