Il viaggio fotografico di Francesco Galifi tra i custodi del paesaggio: l’agriturismo Mondragon di Arfanta

Raccontare un territorio significa anche raccontare il rapporto che l’uomo ha instaurato con esso: dalle società industriali alle economie di sussistenza gli effetti dell’antropizzazione concorrono sempre a definire l’anima e l’estetica di un paesaggio.

Francesco Galifi da quasi trent’anni racconta, attraverso la sue fotografie, l’Alta Marca Trevigiana, un territorio ricco di risorse ma anche di vicende umane e per questo caratterizzato da un rapporto complesso e inscindibile tra paesaggio naturale e paesaggio umano.

Nel suo nuovo libro di prossima pubblicazione, “I custodi del paesaggio. Storie di uomini e tradizioni”, realizzato in collaborazione con la giovane fotografa Giulia Bottega e edito da De Bastiani, Galifi ha voluto raccogliere alcune testimonianze di un modo peculiare di intendere agricoltura e allevamento, in cui lo sfruttamento intensivo lascia il posto alla ricerca di un equilibrio tra tutela e produzione.

“I custodi del paesaggio sono persone che hanno scelto di vivere a stretto contatto con la natura, di viverla nel rispetto del territorio e degli animali che allevano”, spiega il fotografo rivelando la traccia da cui è partita l’idea del libro.

“L’aver inserito queste persone nel racconto del paesaggio è un valore aggiunto – prosegue Galifi – perché il libro parla delle persone, della loro vita ma anche di come è il paesaggio in luoghi dove è rispettato”.

Un vero e proprio viaggio che si estende oltre i limiti della Marca, andando a trovare esempi meritevoli anche in territorio friulano, tra le valli bellunesi e al di là della sponda occidentale del Piave: storie uniche e diverse di persone e famiglie, accomunate da una visione etica e senza compromessi del rapporto con la natura.

La storia di una famiglia è al centro della prima tappa di questo viaggio: è quella dei Tessari, che tra le colline di Arfanta conducono da decenni l’agriturismo Mondragon, attività che hanno saputo rendere un luogo di conservazione della tradizione e, allo stesso tempo, un laboratorio di innovazione dell’ospitalità aziendale.

Già agli inizi degli anni Ottanta Roberto Tessari, agricoltore e insegnante alla scuola enologica di Conegliano, aveva precorso i tempi facendo diventare la sua azienda agricola un vero e proprio agriturismo, ben prima che questo diventasse un concept di successo in tutta Italia.

Dalla sua vita precedente, che dalla Basilicata lo aveva portato fino in Brasile, aveva portato non solo una preziosa esperienza come agricoltore, ma anche l’idea di costruire un allevamento basato sulla libertà del modello estensivo e non sullo sfruttamento di quello intensivo.

Una storia destinata a incontrarne un’altra, ben più antica: quella dell’oca del Mondragon, animale domestico diffuso nei nostri territori fin dal Medioevo anche grazie alla presenza delle comunità ebraiche che vi trovavano una valida alternativa al maiale.

Dal 2000 l’oca del Mondragon è riconosciuta come Prodotto agroalimentare tradizionale (Pat) del Veneto e dal 2002 il prodotto più tipico di questi allevamenti, l’oca in onto, ricetta anche questa di origini antiche, è riconosciuto come Presidio slow food.

Tradizioni che sono testimonianze della vitalità di un intero territorio, ma che si trasmettono di generazione in generazione grazie alla scelte di vita e alla dedizione di singole persone, e proprio poco dopo questi riconoscimenti nella famiglia Tessarri è avvenuto il passaggio di testimone a Manuela, figlia di Roberto e della donna che con lui ha condiviso l’avventura tra le colline di Arfanta, Tina.

Come in ogni saga familiare che si rispetti, questo momento è stato sancito dalla consegna di un oggetto che è anche simbolo della sapienza che una generazione trasmette alla successiva: un ricettario, conservato fino ad allora nella memoria eccezionale della madre ma che la figlia voleva mettere per iscritto, per poterlo studiare e conservare in un futuro lontano.

Proprio il futuro è ciò che questo progetto di famiglia sta iniziando ora a scrivere, riflette Manuela, che sogna una nuova generazione prendersi carico dell’agriturismo, ma con la consapevolezza che certe scelte devono essere personali, dettate dall’amore per l’ambiente in cui si cresce e per ciò che si fa.

“Deve essere una cosa delicata e non imposta – conclude Manuela – in un lavoro in famiglia ci sono le difficoltà ma anche la condivisione e l’amore, per la propria famiglia, per la propria terra e per il proprio lavoro”.

(Fonte: Fabio Zanchetta © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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