Ritrovato un presunto forno fusorio risalente all’età del bronzo dei Veneti Antichi a Sant’Anna di Colfosco

In località Sant’Anna a Colfosco di Susegana, nelle vicinanze del ruscello e dell’omonima chiesa è stato ritrovato quello che potrebbe rivelarsi, convalidando con studi più approfonditi il sito, un antico forno. C’è stato un tempo in cui questa zona era probabilmente molto ricca di attività come queste, in quanto questo non è il primo ritrovamento risalente all’antichità.

Oltre alla conosciuta storia romana nella zona dei Mercatelli, una massiccia presenza di strutture adibite alla creazione di armi e oggetti di bronzo, attraverso la fusione di pietra e altri materiali, sarebbe stata ipotizzata in questa zona durante tra il 1800 e il 2500 a.C., ovvero durante quella che viene definita l’età del bronzo.

Sui percorsi della via Claudia Augusta Altinate, il letto del ruscello dove è stato rinvenuto questo presunto forno, lungo una scarpata, si sarebbe spostato di una decina di metri più a destra, erodendo la riva sinistra e danneggiando parzialmente il sito.

L’erosione del torrente ha portato alla luce solo una sezione del forno, mentre la parte sovrastante è irriconoscibile a causa della presenza di molti arbusti che lo coprono alla vista, oltre ai metri di terreno alluvionale sceso in circa 2000-3000 anni dalla sommità.

Il corso d’acqua, nel tempo, ha portato alla luce questa vasca di roccia rudimentale, che sarebbero riuscita nel suo massimo splendore a raggiungere temperature di oltre mille gradi.

A trovarlo e ipotizzare le sue origini uno scultore locale, che abita poco lontano dal ruscello: Pietro Stefan, in cerca di pietre da trasformare in opere (cliccare qui per lo speciale a lui dedicato) ha individuato qualche tempo fa questa macchia scura sulla superficie di roccia della scarpata. Secondo il presidente del Comitato imprenditori veneti Piave 2000, Diotisalvi Perin, il sedimento non può che essere la conseguenza di una serie ripetuta di combustioni e fusioni e di conseguenza di un forno fusorio d’epoca antica.

Il rame, estratto nelle miniere dell’Agordino e dello Zoldano, veniva liquefatto in grandi vasche di pietra e mescolati con piccole quantità di piombo per poi travasare il liquido negli stampi – afferma Perin – Era necessario trovarsi in zone vicine a corsi d’acqua fredda, per raffreddare l’ultima fase del processo”.

A definire la veridicità di queste ipotesi ci penserà la sovrintendenza, che in caso di un riscontro positivo, andrà a effettuare nuove analisi storiografiche nella zona: alcune ricerche storiche segnalano traccia di diversi forni fusori anche vicino alle grotte carsiche presenti vicino al Piave, dalle Fontane bianche a Falzé di Piave.

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
(Video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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