Toponimi della Marca Trevigiana, San Fior: artisti, santi e castellani nelle affascinanti atmosfere dei palù 

Di San Fior avevamo già fatto cenno parlando di Tiziano Vecellio che, in cambio di alcuni terreni sul Col di Manza, dipinse il trittico di Castel Roganzuolo.

Il paese, settemila abitanti circa, è un insieme di borghi di pianura (San Fior di Sopra e di Sotto) e collinari (Castel Roganzuolo) con vicende storiche fra loro molto diverse. Il toponimo sembra collegato alla decisione, presa attorno al Mille dalla città di Treviso, di diffondere il culto dei santi Vendemiale (o Vendemiano) e Fiorenzo le cui spoglie giunsero nell’VIII secolo dalla Corsica per volere del vescovo Tiziano.

Fiorenzo, la cui biografia molto incerta si intreccia con quella dei martiri Vendemiale, Longino ed Eugenio, strenuo difensore dell’ortodossia cattolica, per la sua intransigenza finì con l’essere prima esiliato e poi martirizzato sull’isola francese. Il suo nome viene evocato anche dal blasone civico di San Fior sul quale campeggia un tralcio fiorito in campo azzurro. Curiosamente il patrono del paese non è Fiorenzo, bensì san Giovanni Battista a cui, già da alcuni secoli, venivano dedicate chiese e cappelle nei luoghi deputati alla diffusione del cristianesimo.

Sull’etimologia di Castel Roganzuolo prevale l’ipotesi che il toponimo risalga al XII secolo quando, sotto la signoria dei da Camino, il “Castrum de Regençudo”, Castello di Reggenza, assolveva funzioni di presidio militare territoriale.

Per approfondire ulteriormente la peculiare storia religiosa di San Fior puntiamo verso il cimitero alla ricerca della sepoltura di Maria Pia Mastena, fondatrice della congregazione delle Suore del Santo Volto. Giovanissima giunse a Miane dove divenne punto di riferimento per la popolazione locale durante l’occupazione austriaca; negli anni Trenta approdò a San Fior ove si adoperò, osteggiata da alcuni prelati, per il riconoscimento ufficiale della congregazione. A fianco dei più deboli sino alla scomparsa avvenuta nel 1951, proclamata beata nel 2005, suor Mastena rappresenta un grande esempio di generosità, tenacia e modernità declinate al femminile.

Concludiamo il nostro percorso meditando fra le risorgive e i carici dei palù, zone un tempo ritenute marginali e improduttive, oggi prezioso relitto ambientale minacciato dalla mano dell’uomo. Attratti dalla singolarità di queste terre umide scopriamo che in Veneto esiste il comune di Palù sul cui emblema spiccano, inconfondibili, tre canne palustri.

Palù, in provincia di Verona, si trova a una manciata di chilometri da Bovolone paese natale di suor Mastena. Rileggendo la sua biografia scopriamo che, già dai tempi di Miane, la religiosa mise a disposizione della popolazione le sue conoscenze erboristiche per la cura della sciatica e della malaria, malattie tipiche delle aree paludose.

Ci piace allora pensare che tutto ciò non sia una semplice coincidenza, ma che i palù, con il loro fascino e le loro insidie, rappresentino una sorta di fil-rouge che lega la storia di una donna eccezionale con un paesaggio, quello sanfiorese, altrettanto unico.

(Fonte: Marcello Marzani © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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