Quel gusto nostalgico di un buon panino al salame: visita a un salumificio che produce in famiglia

È sinonimo di ritrovo e di festa, il gusto inconfondibile è indelebile, la sua preparazione un vero e proprio rito: sono queste alcune delle caratteristiche del salame, che, assieme alla sopressa, è l’insaccato più apprezzato e consumato nell’Alta Marca Trevigiana.

Le famiglie di un tempo, dopo aver macellato un maiale (qui l’articolo), impiegavano ore nella preparazione dei vari tagli di carne: nel caso del salame e della sopressa l’impasto veniva inserito nel budello, che faceva da pellicola protettiva durante la conservazione, ovvero quella “buccia” che viene tolta delicatamente dalle fette una volta tagliate.

L’impasto veniva salato e pepato e, a seconda delle zone di produzione, veniva inserita una diversa quantità di aglio: in Veneto, di norma, per preservare il gusto autentico si mette meno aglio rispetto per esempio alla Toscana, dove può essere aggiunto anche il finocchio e altre spezie.

La stagionatura, che un tempo avveniva in luoghi umidi e freschi come cantine e soffitte, ora avviene in celle frigorifere a temperatura controllata e lo spago viene legato con una macchina specifica di cui tutti i salumieri si dotano per ridurre i tempi di produzione e la manodopera.

Un altro elemento che ha cambiato le dinamiche di questo mondo è stato l’avanzamento di nuove, sempre più stringenti, norme igieniche: trattandosi di materiale suino, la carne dev’essere lavorata in ambienti con poche contaminazioni esterne e la temperatura dev’essere sempre controllata.

Per questo la preparazione tradizionale ha lasciato il posto a quella industriale, anche se nel nostro territorio esiste ancora qualche piccolo salumificio che cerca di portare avanti non tanto le modalità quanto la filosofia di un tempo.

Uno di questi è il salumificio “Bianco Angelo” a Solighetto, dove i fratelli Luigi e Maria Bianco si dedicano ogni giorno alla produzione di salame, soppresse e coppe.

“Stiamo continuando l’idea del papà – spiega Maria – decidendo 20 anni fa, dopo la sua scomparsa, di portare avanti noi le tradizioni di una volta facendo combaciare le regole di preparazione tradizionali con le nuove leggi igienico-sanitarie per realizzare un prodotto diverso da quelli che si trovano in commercio a livello industriale”.

Quella dei fratelli Bianco è una realtà piccola e fortemente legata alla famiglia: nessun dipendente, ma solamente l’aiuto dei due figli fa si che la cura nella preparazione degli insaccati venga tramandata di generazione in generazione.

“Tutta la carne che ci arriva il lunedì – spiega Luigi – viene lavorata entro il mercoledì in modo che la materia prima sia sempre fresca. Dal giovedì, invece, ci occupiamo di una accurata pulizia degli ambienti lavorativi oltre alla vendita dei prodotti”.

Ma qual è la differenza tra salame e sopressa? Tutto sta in due elementi: quantità e tempo di stagionatura, mentre l’impasto è pressoché lo stesso. I salami vengono stagionati dalle tre alle quattro settimane, due o tre mesi invece per la sopressa, che è solitamente un po’ meno grassa.

Ma c’è un qualcosa di nostalgico nell’immagine di un panino con il salame, un ricordo di quando facevamo merenda da bambini o di quando andavamo a trovare i nonni: è questo a rendere questo insaccato tanto popolare dalle nostre parti, dove l’aggregazione è una necessità genetica intrisa negli usi e nei costumi della comunità.

(Fonte: Simone Masetto © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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