Moplen, baccalà da scolare al sole, stoviglie a noleggio e tandem: la via Vaccari degli anni ’60 nei ricordi di Piero Gerlin

Abbiamo lasciato alle nostre spalle la scuola Vaccari, il ristorante La posta, la pasticceria Gerlin e il palazzo Balbi – Sammartini: siamo negli anni ’60 e abbiamo appena superato il ponte sul Soligo per immetterci in via Vaccari, magari a piedi o in bicicletta.

Con gli occhi di 60 anni fa vediamo sulla nostra sinistra la filiale di ferramenta di Fanti e subito dopo il portone (dove fino a poco fa i pievigini di oggi ricordano l’edicola) si trovava la calzoleria e laboratorio di Nini e Gianni Caseta.

Piero Gerlin non ha dubbi e ripercorre tutte le attività della via: attaccata alla calzoleria, dove oggi ci sono i Tabacchi, c’era l’oreficeria e orologeria di Bottari. Più avanti si potevano comprare i fiori da Giaon, prima che si trasferisse sotto il condominio La Posta al posto dell’odierna Banca Prealpi SanBiagio.

Il ponte sul Soligo verso Via Vaccari e le due chiese ancora coesistenti, con la nuova in costruzione

Superato il piccolo angolo sulla sinistra, Gerlin ricorda il negozio di prodotti in plastica di Titti Lubin, una vera novità in paese: “Era da poco stato inventato il Moplen, prima tutto era in legno o in latta, dai secchi agli imbuti, alle bacinelle, c’era qualche stoviglia in ceramica ma la plastica era una cosa nuova” conferma, mentre ricorda lo spot sul canale unico della Rai con Gino Bramieri: “è mo, è mo, è mo… Moplen”.

Continuando ci si imbatteva nel grande negozio di mercerie e abbigliamento di Nino Ceriali: era così imponente con quelle ampie vetrine che a Pieve sembrava che avessero aperto i grandi magazzini Standa.

Successivamente c’era la cartolibreria e rinomata tipografia Bernardi.Ritornando al ponte sul Soligo ma stavolta guardando il lato destro di Via Vaccari, c’erano l’ex municipio al primo piano e al piano terra la cartoleria della Ida Tittonel, che vendeva anche giornali, giocattoli, libri e letteralmente un po’ di tutto.

Consiglio comunale 1960, da sinistra a destra: Giovanni Naibo, Valerio Vidoret, Pietro Zambon, Nini Mura, Gino Pillonetto, Giacomo Corsi, Sergio Stefani, Giuseppe Possamai, Giuseppe Schiratti, Mario Gerlin (sindaco), Francesco Fabbri, Luigi Lucchetta, Timoteo Bellè, Pietro Masutti, Tarcisio Fornasier, Angelo Baggioli, Ilario Zabotti, Franco Baratto, Giovanni Favero, Rodolfo Fanti

Dopo la struttura del municipio, proprio dopo due passi in discesa sulla laterale si poteva fare spesa di frutta e verdura dalla Stella Guerina e tra la spesa salutare poteva scapparci anche un dolciume dei suoi: “Noi bambini andavamo sempre lì a comprarci le liquirizie e le gomme americane” confessa Piero.

Subito dopo, tornati sulla principale, c’era il tabacchino della signora veneziana e poi un’altra oreficeria – orologeria di Bepi dalla Pace, affiancato dal negozio di alimentari e dal forno dei fratelli Venier. “Come facevano tutti gli alimentari, anche loro ogni venerdì mattina mettevano un banchetto di legno appena fuori dal negozio e ci facevano scolare il baccalà – racconta Gerlin – era stato a bagno e doveva scolarsi per poi venire venduto. Il suo profumo, o odore per alcuni, era inconfondibile e si poteva chiaramente sentire a 50 metri di distanza”.

Appena più avanti tante famiglie non avranno difficoltà a ricordare il negozio di Aldo Colferai, esattamente al posto dell’attuale agenzia funebre. Vendeva carrozzine, vetri, ceramiche, ma anche stoviglie e cristalleria: al tempo la maggioranza dei festeggiamenti delle nozze avveniva in casa perciò era da lui che si andavano a noleggiare tutte le stoviglie e posate necessarie per servire gli ospiti di quelle occasioni.

Finito lo stabile si doveva attraversare una piccola laterale: lì stava il “Bandeta” Ieto Bertazzon, che faceva il lattoniere: faceva tutte le grondaie e le “lore”, ovvero quei grandi imbuti che servivano a riempire le botti e insegnò il mestiere a numerosi ragazzi.

Proprio davanti alla chiesa si incontrava la signora Bottegal che nel suo esercizio vendeva porcellana e cristallerie mentre subito dopo, all’angolo della strettoia per Barbisano, c’era la farmacia del dottor Tocchetti, che poi è andata a trasferirsi quasi di fronte, nella piazzetta Umberto I. “Dentro quel locale è ancora conservata tutta la mobilia originale tipica dei farmacisti di allora” confida Piero.

Piazza Umberto I

Restando in piazza Umberto I, partendo da sinistra, si potevano fare acquisti nella sartoria e negozio di abbigliamento di Marcello Bertagnin, figlio d’arte poiché ereditò il mestiere dal padre, la cui famiglia da sempre era nel settore e nello stesso stabile c’era anche lo studio fotografico di Gigetto Munari, che tra l’altro, ricorda Gerlin, non è stato un professionista qualunque perché è stato il fotografo ufficiale del Negus Hailé Selassié, il titolo con cui si designa l’imperatore di Etiopia.

Tutte le immagini che testimoniano la vita di Pieve di Soligo nel ‘900 risalgono a questo studio poiché anche il padre di Gigetto era maestro nella professione.

Dopo l’angolo dell’attuale farmacia c’era il negozio di Oreste Pennati, che vendeva di tutto: bici, prodotti per la caccia, ma anche casalinghi, palloni e palline di Ping pong: “Le compravamo sempre per giocarci in patronato – commenta Piero – Pennati aveva anche un tandem che noleggiava ogni tanto ai ragazzi: era una cosa che ci piaceva da matti”.

Da destra invece, superata la strada per Barbisano, c’era l’oreficeria e orologeria di Vittorino Possamai: era la terza nell’arco di 100 metri.

Poi si poteva bere un caffè o una classica ombra da Emplenia Battivelli: fu il primo bar a munirsi di flipper, cosa che chiaramente attirò l’interesse di svariati ragazzi! Proprio di fianco e dietro lo stabile c’era il laboratorio omonimo, che si occupava di lavori di tappezzeria.

Continuando in via Marconi, sotto il palazzo Morona si poteva trovare la parrucchiera e nell’ultima vetrina, prima della chiesetta, ci si fermava in macelleria da Ido Dal Cin. La strada continua fino alla località Casteo: a sinistra c’era il casoin della Maria Banda e per finire, all’angolo con il bivio di via Cal Monda, c’era l’osteria da Felice dea Libera con il suo immancabile spazio dedicato al gioco delle bocce.

acquerello di Palazzo Morona

La sua posizione non era quella attuale perché nella conformazione di oggi si sarebbe trovata esattamente in mezzo alla strada: quando si allargò la via per Conegliano venne infatti demolita e arretrata.

(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it)
(Foto: Per concessione di Piero Gerlin).
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