Il nome di Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia e consulente di rilevanti commissioni parlamentari e ministeriali, lo scorso gennaio è nuovamente salito alla ribalta nazionale.
Nordio, infatti, è stato il nome indicato da Fratelli d’Italia come successore di Sergio Mattarella in quanto “persona di altissimo profilo e di riconosciuta onestà, competenza e imparzialità”. Il magistrato trevigiano faceva infatti parte della “terna” del centrodestra insieme a Letizia Moratti e Marcello Pera.
All’ottavo e ultimo scrutino, quello in cui è stato rieletto il nostro Presidente della Repubblica, Nordio ha ricevuto 92 preferenze, risultando la seconda persona più votata dai grandi elettori dopo Mattarella.
Ieri sera, lunedì 16 maggio, a margine della presentazione del suo libro “Giustizia. Ultimo atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura”, accolta all’auditorium “Santo Stefano” di Farra di Soligo e moderata dall’avvocato Federico Vianelli, presidente dell’Unione camere penali del Veneto, Nordio ha parlato al nostro giornale di quest’ennesimo riconoscimento alla sua lunga carriera professionale.
“L’indicazione del mio nome per l’elezione della massima carica dello Stato mi ha riempito di orgoglio, è stato un grande onore e una grandissima sorpresa – ha affermato Nordio -. E’ stato, a mio parere, un forte segnale di cambiamento da parte della coalizione di centrodestra: proporre una persona senza esperienza politica, al cento per cento di area liberal-radicale e laica, contraria a qualunque tipo di estremismo come me è stato qualcosa di nuovo che mi ha stupito”.
“Il segnale non è stato raccolto – ha continuato Nordio -, penso sia stata un’occasione persa per portare una novità dopo che l’ultimo presidente liberale è stato Einaudi. Non essere eletto per me è stato comunque un sollievo, era una grave responsabilità che, per fortuna, non mi è stata affidata e che non sarei stato in grado di ricoprire. Non ho mai avuto intenzione di fare politica e non ho alcuna educazione politica, mi piace esclusivamente parlarne e commentarla negli editoriali”.
“Un magistrato ha due volti: è un dipendente dello Stato e deve rappresentare il potere giurisdizionale, cioè applicare la legge così com’è senza mai esprimere giudizi – ha specificato fin da subito Nordio parlando del suo libro -. Per questo mi preoccupa molto il fatto che circa il 50% dei magistrati italiani abbia scioperato contro la riforma del Ministro Cartabia, che da ex presidente della Corte Costituzionale non è affatto una sovvertitrice della Carta costituzionale come molti credono. Questi magistrati (molti giovani) hanno scioperato per non mettersi contro il loro sindacato. Qui, invece, ci si è messi contro il Parlamento sovrano, un gravissimo errore che mira a conservare privilegi di cui nessuno vuole privarsi e che sono nati dopo Tangentopoli, quando il Parlamento e i politici sono caduti nelle mani della magistratura. Ecco perché, per me, il risultato di questo sciopero è stato un fallimento totale”.
Contro che cosa si è scioperato? Nordio ha risposto così: “Una delle ragioni è che la riforma Cartabia prevede l’introduzione delle cosiddette “pagelle ai magistrati”, unica figura che ad oggi non risponde delle proprie responsabilità a danno del cittadino e dell’erario anche in caso di indagini fallimentari. La riforma Cartabia chiede di valutare i Pm per capire quante inchieste sono state svolte e concluse correttamente e quante sono cadute nel vuoto creando danni al cittadino e all’erario”.
“I pm non vogliono perdere i loro poteri-privilegi, come per esempio il fatto di essere valutati per i loro errori – ha proseguito Nordio – Un pm fa quello che vuole e nessuno giudica, a volte vengono pure promossi anche se alla fine di una o più inchieste emerge il loro errore. La ministra Cartabia, invece, in un importante evento pubblico ha affermato che la sua riforma mira a ripristinare disciplina e onore alla figura del magistrato“.
“Il sistema giudiziario italiano è sfasciato in ogni sua parte e il fatto che la politica voglia scardinarlo e riformarlo è qualcosa che alla magistratura non va bene perché farebbe cadere i privilegi a cui molti magistrati sono legati – ha continuato l’ex magistrato trevigiano -. L’occasione che i cittadini hanno è il referendum del 12 giugno, votare sì è il primo passo per cambiare la magistratura, andare al mare quella domenica significherebbe accettare che le cose restino come sono, poi non lamentiamoci che la giustizia italiana non ci piace”.
“I problemi più grandi della magistratura sono, a mio parere, la totale libertà di intercettare chiunque, l’incarcerazione degli innocenti e la scarcerazione dei colpevoli, la lentezza dei processi, la paura degli amministratori(per esempio i sindaci) di firmare atti pubblici per il rischio di essere incriminati, la separazione delle carriere (chi fa il giudice non dovrebbe poter fare anche il pm e viceversa), le correnti del CSM e la politicizzazione della magistratura“.
“Il cittadino è la prima vittima di questo sistema della mala giustizia che non funziona – ha dichiarato Nordio -. La certezza del diritto è andata a farsi benedire con la sovversione dell’equilibrio di potere, come nel caso Salvini, un ministro dell’Interno processato in due sedi diverse (Palermo, assolto dopo un mese, e Catania, processo in corso da due anni) per aver realizzato quanto ha promesso ai suoi elettori che lo hanno votato proprio per quello che ha esposto in campagna elettorale. A prescindere dal fatto che quanto ha deciso Salvini sia giusto o sbagliato, quanto sta facendo la magistratura di Catania è una follia istituzionale che dimostra il potere dei magistrati sulla politica e sugli elettori”.
“Il nostro codice penale risale al 1930 e il codice di procedura penale (che ha 40 anni) è in contrasto con la nostra Costituzione – ha concluso -, la ‘maionese impazzita’ della magistratura è solo un aspetto di questo sistema giudiziario fallito. Il referendum di giugno è il primo passo verso una riforma che richiede un lungo percorso di modifica della Costituzione”.
“Non la fa franca il ricco perché è ricco e il povero subisce perché è povero, questo è un sistema inefficiente per tutti, non è questione di ingiustizia ma di certezza della pena, qui ormai si spera nel caso e non nel giusto processo perché i magistrati fanno quello che vogliono e applicano la legge a modo proprio, in quanto nessuno mette in discussione il loro ruolo”.
(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it)
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it