Dagli affreschi di Pompei alla bioedilizia moderna: Claudia e Gioele alla ricerca delle tecniche artistiche perdute

Claudia Piasentin e Gioele Camatta, due giovani di Colle Umberto e Tarzo appassionati di arte e ricerche storiche, hanno lanciato un personale progetto di studio incentrato sulla pittura ad affresco di Pompei e sulle possibilità di replicare oggi quelle tecniche.

Negli affreschi dell’antica Roma si trova una sapienza tecnica ancora oggi insuperata: lo sapevano i maestri veneziani, che studiarono attentamente quelle opere e ne derivarono molti dei procedimenti che li resero celebri nelle decorazione dei palazzi nobiliari, e lo hanno intuito anche Claudia e Gioele, decisi a riscoprirne i segreti e lanciare una propria attività di decorazione architettonica.

“Quella degli affreschi antichi è una tecnica sofisticata – spiega Gioele, studente di archeologia e appassionato di ricerche archeometriche – che noi cerchiamo di recuperare con un’attenta ricerca storica e chimica per restituire il procedimento più accurato possibile”.

Uno studio non facile, spiega il giovane, perché di manuali tecnici in senso stretto non ne sono arrivati fino ai giorni nostri, quindi bisogna allargare la ricerca e studiare quegli artisti che nel corso della storia hanno studiato quelle tecniche e ne hanno tratto preziosi insegnamenti.

“L’affresco pompeiano si differenzia da quello rinascimentale – prosegue Gioele – perché utilizza materiali più raffinati come la polvere di marmo, impiegata a varie granulometrie. Gli ultimi depositari di questa tecnica sono stati i maestri veneziani, le cui tecniche di decorazione come stucchi, marmorino e lo stesso pavimento alla veneziana ricordano tecniche degli antichi romani”.

Riscoperto il metodo, a realizzare nuove opere è Claudia Piasentin, artista già nota nella zona del coneglianese e da tempo impegnata nello studio della pittura antica, fondamentale serbatoio di ispirazione, come lei stesso racconta.

“Sono una pittrice classicheggiante – spiega Claudia – la storia dell’arte mi sprona e ci trovo ispirazione in un momento come questo in cui sento un vuoto di valori da riempire. La pittura pompeiana poi è un tipo di arte molto fresca, immediata, la tecnica impone di essere veloci e di utilizzare pennellate rapide, vibranti, e creare quasi degli abbozzi”.

Una sfida capitata nel momento giusto, come rivela: “Fare copie dalla storia dell’arte per me inizialmente era un temporeggiare, perché vorrei realizzare opere visionarie ma quella è un’ispirazione che arriva raramente. Poi misurarmi con la pittura a velature trasparenti tipica dell’affresco si è rivelato una possibilità molto interessante e vorrei provare vari soggetti, non solo quelli pompeiani”.

Ci vuole una mano sicura e un’indubbia sapienza compositiva per misurarsi nell’affresco antico, tecnica che richiede un lavoro in tempi ristretti e la capacità di utilizzare una gamma cromatica molto ristretta, come precisa Gioele.

“L’impatto cromatico è più vivo che nell’affresco rinascimentale – spiega il giovane – Un colore come il rosso risulta più carico, ma utilizzando un intonaco a base di calce sono pochi i colori che non ne vengono alterati”.

Colori che, come l’intonaco, seguono anch’essi un preciso iter di produzione, fedele a quello utilizzato nell’antichità: dal blu egizio realizzato con sabbia, polvere di rame e carbonato di sodio cotti a novecento gradi, al giallo e rosso ocra prodotti con ossidi di ferro, fino al verde realizzato con l’argilla.

“Siamo particolarmente fieri del nostro blu egiziano – spiega Gioele – che autoproduciamo in forni da ceramica. Si tratta di un colore molto costoso, e importante perché è stato il primo colore artificiale sintetizzato dall’uomo e riflette addirittura i raggi ultravioletti. Di più prezioso c’è solo il blu di lapislazzuli”.

Una rigorosa filologia procedurale che nasce dalla convinzione che, nonostante i millenni passati dalla loro invenzione, queste tecniche possono essere ancora attuali, se non addirittura innovative quando utilizzate nel campo dell’architettura contemporanea.

“Prima o poi vorrei realizzare una pubblicazione con i risultati delle ricerche archeometriche che ho fatto in questo periodo – conclude Gioele – si tratta di uno studio in continua evoluzione, la mia idea per il futuro è quella di applicare queste tecniche nella bioedilizia moderna, non solo per raffigurazioni complesse ma anche per texture semplici. L’importante è mantenere il rigore nell’uso dei materiali, rifiutando soprattutto l’uso del cemento”.

(Fonte: Fabio Zanchetta© Qdpnews.it)
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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