L’elogio alla lentezza dell’illustratore Gabriel Pacheco alla mostra “Le immagini della fantasia” di Sarmede

Per capire il mondo dell’illustrazione dell’infanzia è stato prezioso il contributo di Gabriel Pacheco, illustratore e direttore artistico della mostra “Le immagini della fantasia” di Sarmede.

Il piccolo comune in provincia di Treviso è diventato un vero e proprio “paese delle fiabe”, punto di incontro per illustratori di tutto il mondo, sede di corsi e di una mostra annuale che è diventata un evento frequentatissimo dalle scuole e dalle famiglie, oltre agli operatori del settore.

Pacheco nasce in Messico nel 1973 e, dopo il diploma in scenografia all’Istituto Nazionale di Belle Arti, studia disegno e figura umana alla scuola Enap. Illustratore coltissimo, cura un blog in cui trasmette al pubblico tutto lo spessore filosofico e letterario della sua visione della vita e dell’illustrazione.

I suoi numerosissimi libri sono stati tradotti e pubblicati in Messico, Brasile, Stati Uniti, Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Russia, Corea e Giappone.
Ha ottenuto innumerevoli premi alla carriera, fino alla nomina all’Astrid Lindgren Memorial Award, uno dei più alti riconoscimenti internazionali. In Italia i suoi libri sono pubblicati da Zoolibri e Logos edizioni.

Qual è il segreto del successo della Mostra internazionale dell’illustrazione di Sarmede?
Il segreto è fidarsi della realtà poetica, della realtà della creazione. Credo che il progetto della fondazione che sostiene la mostra, oltre a essere un progetto umano iniziato quando non c’era nulla, confidi nella poetica che è una forza capace di trasformare.

Chi ha lavorato vicino ai libri e all’illustrazione dà un valore importante alla lirica per la sua natura. Però, per la possibilità di trasformazione che ha la poetica, abbiamo la poetica letteraria e la poetica dell’immagine. Credo che l’illustrazione e la letteratura lavorino su quella realtà che non si vede ma che, però, esiste. Fidarsi di questo vuol dire fidarsi di ciò che uno sente o pensa di fronte alla bellezza, è sapere che questa forza ci conforma. È la forza che trasforma gli spazi e modifica il tempo, la società e, soprattutto, continua a modellare l’essere. Io sono convinto di questa natura della poetica.

In una sua intervista ha affermato: “È davvero importante non separare la vita dai sogni, perché così si restituisce un valore magico al mondo e si recupera una parte antica dandole significato”. Secondo lei questa società ha perso la capacità di sognare o, peggio ancora, vive degli incubi ad occhi aperti?

Credo che viviamo in una società molto industriale, di somiglianza, dove tutto è un’industria. Per l’industria non esiste altro che la velocità, la celerità: perché si deve produrre nel minor tempo possibile. E poi viviamo in una fase di esclusione per il diverso dove, visto che dobbiamo produrre in serie, tutto deve essere uguale. L’arte, l’immagine poetica, la letteratura e il libro sono un contrappeso e riportano il tempo lento e la diversità. È nel tempo lento dove l’essere recupera la natura di sognare. Credo che sognare sia un aspetto dell’essere molto importante perché ci conferma che siamo diversi e ci dà la possibilità di immaginare il futuro, nonostante una realtà complicata e chiusa. Gli incubi arrivano perché questo tempo è una prigione. I sogni ci danno la libertà e noi abbiamo bisogno di libertà.
Credo che sognare sia una parte fondamentale dell’essere, perché è un un’altra forma per riflettere: è il collegamento con il mondo che non si vede e con la nostra autenticità, l’esperienza di creare.

La rivoluzione digitale ha sconvolto il mondo dell’editoria. Anche il settore dei libri con illustrazioni per bambini è stato colpito pesantemente?
Certo, sempre nell’aspetto del tempo. La velocità è un segno contemporaneo che non permette di riflettere, ragionare o fare una cosa diversa. Per creare un pensiero abbiamo bisogno di tempo. Allora gli strumenti digitali hanno fatto sparire la realtà: tutto è uno schermo e siamo abitanti di quella superficie: non abbiamo profondità, spessore per la creazione, sia illustrazione che testo. Nella mostra voglio riportare questa lentezza anche nella realizzazione di una illustrazione.

Quale può essere il contributo delle illustrazioni per “disegnare” un futuro migliore in un’epoca di conflitti e divisioni?
Il disegno è un’altra forma di ragionare. Dipingere, disegnare e fare una composizione sono diverse forme di ragionare e quello che fanno è poter vedere tutto diversamente. Siamo fatti di frammenti diversi: l’individuo è tale perché ha una o più caratteristiche diverse dagli altri. Costruiamo una società per stare insieme. L’illustrazione, però, è uno specchio molto accessibile che ci mostra questa forma estetica e ludica. Il suo potere è farci vedere la bellezza del diverso.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto: per gentile concessione di Gabriel Pacheco).
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