Mentre l’Occidente lascia l’Afghanistan, nel quale è appena stato proclamato il nuovo Emirato Islamico, i talebani cantano vittoria per la “liberazione” del Paese per mano dei mujaheddin a poco meno di un mese dal ventennale dell’attentato alle Torri Gemelle, tragico fatto all’origine della campagna militare degli Stati Uniti.
Sul palazzo presidenziale a Kabul sventola la bandiera del movimento jihadista mentre un portavoce annuncia che “la situazione è tranquilla” e l’obiettivo è formare “un governo islamico aperto e inclusivo”.
Continua la fuga dei diplomatici occidentali e dei lavoratori stranieri mentre la Cina e la Russia, almeno per il momento, mantengono aperte le ambasciate e non intendono ritirare il personale.
Le forze armate statunitensi hanno assunto il controllo dell’aeroporto di Kabul e hanno respinto l’assalto di migliaia di persone disperate che cercano di fuggire dalla nazione nel caos.
Anche il sinologo trevigiano Adriano Màdaro ha voluto condividere una sua riflessione sulla situazione dell’Afghanistan e sui risvolti internazionali della vicenda.
“Ora dobbiamo sperare nella Cina, nel pragmatismo non egemonico di Pechino – commenta Màdaro – L’incontro del ministro degli Esteri Wang Yi con i supremi capi talebani, avvenuto pochi giorni fa nella capitale cinese, è di buon auspicio. Dopo il disastroso abbandono di Kabul, come ladri, da parte degli americani e dei loro alleati occidentali, il 15 agosto è destinato a marcare la Storia. Proprio perchè a Doha gli emissari di Washington avevano concordato con i talebani il ritiro ordinato dell’Occidente, la fuga precipitosa con gli elicotteri in stile Saigon 1975 ha fatto sprofondare l’amministrazione Biden nella vergogna”.
“Perchè una cosa è ritirarsi nei tempi e nei modi di un accordo, un conto è venire travolti nell’arco di tre giorni, quando appena il giorno innanzi il presidente Usa aveva detto che ci sarebbero voluti dei mesi – continua – E invece i talebani erano nascosti dietro le colline di Kabul e in meno di dieci ore si sono presi la capitale dopo avere ‘liberato’ le 25 città più importanti del Paese. La Cina è diventata di colpo l’attore principale sullo scacchiere dell’inquieto mondo islamico dell’Asia Centrale. Ha detto chiaro ai talebani che non accetterà turbative terroristiche, irredentiste o separatiste nell’area (chiaro il riferimento agli Uighur)”.
Secondo il sinologo trevigiano, Pechino sarebbe disponibile a collaborare alla modernizzazione dell’Afghanistan coinvolgendolo nel grande progetto infrastrutturale della Via della Seta (Bri).
“Con la sua politica di non ingerenza e di collaborazione economica la Cina si profila come il nuovo asse del polo centro-asiatico per i paesi islamici che si affacciano sul litigioso e turbolento ‘cortile di casa’ – aggiunge – Se il nuovo scenario così precipitosamente delineatosi dovesse trovare quell’equilibrio che l’Occidente in un ventennio non ha saputo realizzare e tanto meno garantire, il ruolo della Cina diverrebbe quello che essa sta coltivando pazientemente da tempo, noncurante delle crescenti minacce atlantiche”.
“Oggi l’America ha qualche problema in più cui badare – conclude – Non è tempo di bullismo per nessuno, tanto meno per chi ha preso uno schiaffo così clamoroso”.
(Fonte: Andrea Berton© Qdpnews.it)
(Foto: web).
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