Nelle chiese di Vazzola e Visnà sono custoditi secoli di storia cenedese

Nel centro di Vazzola si eleva la chiesa quattrocentesca di San Giovanni Battista. L’edificio è stato ricostruito sul sedime di un altro alto-medievale, testimoniato dal ritrovamento di un muro e di un pozzetto battesimale.

Abbiamo notizia di un pre Alfarico, pievano nel 1207, mentre la data di consacrazione risale al 9 novembre 1490 all’epoca del vescovo di Ceneda Nicolò Trevisan. L’interno, diviso in tre navate, ha il soffitto a cassettoni.

Di notevole interesse il fonte battesimale del XVI secolo con copertura seicentesca e una sacra conversazione dei Santi Nicola, Girolamo e Caterina d’Alessandria, di Francesco Beccaruzzi (1530). 

In sacrestia si è conservata parte di un ciclo di affreschi realizzato intorno al 1530 da Francesco da Milano, pittore che seppe comunicare con toni di intimità, di parlata rustica e affettuosa un mondo fatto di poche elementari certezze di un cattolicesimo inconcusso. Sulle pareti è rappresentata la Predica di san Giovanni Battista alle folle, il Battesimo di Cristo (con un tono sereno e quasi quotidiano) e il Compianto sul Cristo morto.

Qui il pittore riesce a essere toccante senza eccedere nei toni, che rimangono pacati come nel particolare della figura di destra, che appoggia delicatamente il volto alla mano del Cristo. Sulla volta del soffitto compaiono I quattro Evangelisti col Redentore trionfante sulla morte al centro. Di particolare interesse San Luca, ripreso mentre dipinge il ritratto di Maria.

Attestata fin dalla sua fondazione (1009) come cappella dell’abbazia di Santa Maria del Piave di Lovadina, la chiesa di San Martino di Visnà ottenne prima il titolo di curazia (1476) e poi quello di parrocchia (1514) nel periodo in cui dipendeva dal monastero di S. Maria degli Angeli di Murano (1490-1810).

La primitiva chiesa di San Martino, che si trovava in località Talpon (e di cui erano ancora visibili “quaddas muraleas” nel 1551), venne traslata nell’attuale sito, inglobando una precedente chiesetta intitolata a Sant’Agata (1371). Distrutta durante la Grande Guerra (1918), venne ricostruita nel 1925. 

La nitida facciata di gusto romanico presenta nella mezzaluna del portale il mosaico di San Martino e il povero. 

Oltrepassata la soglia dei tre ingressi, veniamo introdotti da quattro acquasantiere (di cui due seicentesche), mentre la navata ospita una lapide dedicata alla nobildonna veneziana Angela Gritti “fama et integritate praeclara” (1582).

Il vasto e luminoso interno di ispirazione rinascimentale, creato dalla luce filtrata e diffusa dai colori dei vetri istoriati del rosone e delle grandi finestre laterali, s’intensifica nel coro e sull’altare maggiore, fulcro dell’edificio.

L’altare maggiore in stile neorinascimentale (1927), che ospita le statue settecentesche di San Floriano e Sant’Osvaldo di Antonio Pigatti, sostiene ora la pala di Mario Mondi dell’Apparizione di Gesù Cristo alla società moderna (1976).

L’opera più preziosa della chiesa è certamente il coro ligneo settecentesco del Pigatti con le Storie di San Martino (1710) ispirate alla Vita Martini (397) di Sulpicio Severo, incise entro formelle sugli schienali dei sedili, sormontati dalle statuine di Cristo Benedicente e dei Dodici Apostoli.

Le cappelle laterali sono dedicate al cinquecentesco battistero, a Sant’Antonio da Padova e alla Madonna della Salute. La cappella di Sant’Anna, il cui seicentesco altare di legno è attribuito ai Ghirlanduzzi, contiene un piccolo dipinto ovale del pittore ungherese Duilio Korompaÿ (1935) e una pala del pittore veneziano Antonio Arrigoni.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
(Fonte: Giada Cattelan – Giuliano Ros).
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