Cosa lega la celebre soprano Toti Dal Monte a Pieve di Soligo, tanto da dedicarle una serata di gala e una deliziosa rosa di cioccolato? Per capirlo basta entrare nella celebre Locanda Da Lino a Solighetto, lì anche i muri parlano di quella che è stata una delle cantanti liriche più grandi della prima metà del ‘900.
Ed è proprio in quel tempio del mangiar bene, sotto le volte decorate dalle famose pentole in rame, che sabato sera 15 dicembre in molti di Pieve e dintorni, si sono ritrovati per ricordare questa straordinaria figura di donna. Nelle parole del sindaco di Pieve Stefano Soldan, di Giuseppe Munari, amico di famiglia del soprano, di Marco Toffolin, figlio del celebre chef Lino (insieme a Toti Dal Monte nella foto in alto), di Michele Luciano, vice direttore dell’associazione musicale Toti dal Monte e di Massimo Carnio, raffinato pasticcere, realizzatore della rosa di cioccolato, è emersa tutta la voglia non solo di ricordare Toti Dal Monte, ma di farla rivivere per tramandarla ai posteri.
Ma chi era Toti Dal Monte? Antonietta Meneghel, in arte Toti Dal Monte nacque a Mogliano Veneto il 27 giugno 1893 da Amilcare Meneghel e da Maria Zacchello, entrambi maestri elementari. Amante del canto, fin da subito fu incoraggiata ed instradata dal padre che condivideva la stessa passione. Studiò pianoforte al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e si perfezionò poi nel canto sotto la guida illuminata della grande cantante lirica Barbara Marchisio.
Il successo non tardò ad arrivare. Toti dal Monte esordì alla Scala di Milano nel 1916 e continuò la sua straordinaria carriera di soprano leggero fino al 1948. Successivamente fece parte anche della compagnia di prosa del famoso attore veneziano Cesco Baseggio, recitando in diverse commedie goldoniane e prese parte anche ad alcuni film come ad esempio “Il carnevale di Venezia”. A partire dal 1930 abitò nella villa di Barbisanello di Pieve di Soligo, dimora ristrutturata dal cognato Giovanni Possamai di Solighetto, celebre architetto e scultore, autore tra l’altro della crocifissione posta sopra l’altare del Duomo di Pieve di Soligo e del monumento dedicato agli Arditi a Falzè di Piave.
Ricevuta con grandi onori dai più grandi capi di stato dell’epoca, si è esibita in tutti i principali teatri del mondo, mandando in visibilio gli appassionati del melodramma italiano che, per gli inimitabili gorgheggi, l’avevano soprannominata “l’usignolo”. Soprano prediletta di Arturo Toscanini, tra i suoi numerosissimi estimatori annoverava Gabriele D’Annunzio, suo grande amico, che di lei scrisse “il suo dolce cantare spegne ciò che nuoce”. Eugenio Montale invece la paragonò “al miracolo della luna nascente che diffonde intorno albore di madreperla”. Nell’ultima parte della sua vita si dedicò alla formazione dei giovani cantanti lirici, istituendo anche a Treviso il concorso musicale che venne poi a lei intitolato.
Gli ultimi anni li trascorse prevalentemente alla locanda Da Lino di Solighetto. Lo chef pievigino, suo grande amico, proprio in quegli anni crebbe fino a diventare uno dei punti di riferimento della cucina dell’Alta Marca Trevigiana. Quando era ancora in vita il Comune di Pieve di Soligo le conferì la cittadinanza onoraria.
Toti Dal Monte, precorrendo i tempi, è stata anche una grande appassionata di cucina, in particolare di quella tradizionale veneta. Risi e bisi, pasta e fasoi, fegato alla veneziana, erano tra i suoi piatti preferiti, di cui divenne ambasciatrice nel mondo durante le sue lunghe tournée, visto che si portava appresso un baule con i prodotti di casa. Nel 1953 fu tra le fondatrici dell’Accademia Italiana della Cucina.
Proprio per questa sua grande passione, è nata l’iniziativa di dedicarle un prelibato cioccolatino a forma di rossa rosa, il suo fiore preferito, che richiama la dolcezza del bel canto e che è la perfetta sintesi di quando l’arte e la cucina diventano sinfonia. Toti Dal Monte si spense nella sua Pieve di Soligo il 26 gennaio 1975. il suo concittadino, Andrea Zanzotto, le dedicò la poesia “Co l’è mort la Toti” ben ricordando “quel giorno di gennaio, di solicello, che non sembrava nemmeno tanto freddo, quando anche chi piangeva era come stordito da una dolcezza di rugiada“.
(Fonte: Giancarlo De Luca © Qdpnews.it).
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