Ci troviamo nel settore sud orientale del Quartier del Piave e precisamente a Moriago della Battaglia, comune di circa tremila abitanti attestato nel 1112 come “Murliago” e nel 1224 come “Morliago”.
Sulla seconda parte del toponimo, decretata nel 1962, non ci sono dubbi: i furiosi combattimenti del 1918 hanno lasciato una traccia indelebile nella geografia di un territorio costellato da monumenti e cimeli della Grande Guerra che celebrano gesta eroiche e rievocano l’immane tragedia che non ha risparmiato la popolazione civile.
La denominazione Moriago si presta invece a diverse ipotesi.
La prima, la più condivisa, reputa il toponimo un prediale, ovvero una denominazione legata a un antico proprietario terriero. Un romano che poteva chiamarsi Maurellius o Maurilius, forse un legionario premiato con un podere sulle rive del fiume. Una seconda interpretazione intravede nel nome di Moriago un’origine legata alla presenza di mura lasciando trapelare l’immagine, parzialmente suffragata dalle scoperte archeologiche, di un’antica fortificazione militare.
Altrettanto suggestivi sono gli accostamenti del toponimo comunale con il concetto di morte e distruzione. Ecco riaffiorare la nebulosa vicenda relativa alla devastazione della frazione moriaghese di Nosledo e la “morte del lago” intesa come limes fra l’acquitrino e la terraferma.
La morte nella sua accezione più cruda aleggia invece in uno dei luoghi simbolo della guerra del ’15-’18: l’Isola dei Morti, nella quale si accumularono le spoglie di migliaia di soldati caduti nel tentativo di varcare il Piave.
Percorrendo i viali dell’Isola, osservando la piramide di pietra decorata dal filo spinato e dall’elmetto percepiremo un’atmosfera solenne, nella quale l’audacia dei “caimani del Piave” si intreccia con la disperazione di chi, su quelle sponde sassose, ha perso per sempre un affetto.
Una storia, quella di Moriago, esemplarmente raffigurata nell’araldica municipale nella quale la piramide ornata di lapide e “cimata da una croce del Calvario” è sormontata da una torre quadrata.
Solcando i numerosi sentieri di questo lembo di terra apprezzeremo anche gli aspetti naturalistici di quella che, prima della guerra, era conosciuta come Isola Verde. Fra le “grave”, le ghiaie, lambite da un corso d’acqua sempre più minacciato prospera una flora che rende unico questo fragile ecosistema. Con un po’ di fortuna, a primavera, potremo osservare la fioritura di rare e delicatissime orchidee selvatiche dai colori strabilianti: una dimostrazione di come la vita riesca sempre a prevalere sulla morte.
(Autore: Marcello Marzani).
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