Toponimi della Marca trevigiana, Gaiarine: fra ghiaie, selve e gazze in cerca della “signora delle camelie”

Gaiarine, con i suoi seimila abitanti, si trova nella piana compresa fra Piave e Livenza in posizione pressoché equidistante da Conegliano e Pordenone.

Abitata sin dal Neolitico, parte nell’agro opitergino in età romana, nel Medioevo Gaiarine passa sotto il controllo dei Longobardi e successivamente dei Franchi. Fra le prime attestazioni del toponimo un documento del 1295 in cui si parla genericamente del “territorio de Gajarinis”.

Secondo alcuni studiosi le origini toponomastiche di Gaiarine risalgono alla dominazione longobarda e segnatamente alla locuzione Gahagi, “bosco chiuso”. Un’altra interessante teoria, sempre correlata alla lingua sassone, ipotizza il legame fra Gaiarine e tale Gaidari o Vaiarin, possessore di un fondo rustico in loco. Suggestiva appare una terza interpretazione toponomastica che associa Gaiarine al termine gaiara, “luogo ricco di gazze”.

La derivazione del toponimo dal latino glarea agger, “mucchio di ghiaia” viene considerata inverosimile dagli specialisti che mostrano pari scetticismo dinanzi a gaudium gedium cioè “bosco ceduo”. Ciò nonostante l’emblema comunale consiste in una rocca civica, poggiata sul pietrisco e affiancata da due alberi imponenti.

A prescindere dalla spiegazione etimologica più azzeccata, boschi, gazze e fondi rustici descrivono un paesaggio agreste che nei secoli è stato plasmato dai diversi proprietari: coloni romani e germanici, congregazioni monastiche, patrizi veneziani accomunati nello sforzo di bonificare, disboscare e mettere a reddito una campagna fertile e ricca d’acque.

Il Settecento, per Gaiarine, coincide con la grande stagione delle ville venete: monumentali residenze di piacere ed efficienti imprese agricole e manifatturiere, sovente caratterizzate da un corpo centrale con a lato due barchesse, circondato da orti e giardini lussureggianti.

Gaiarine, per le proprie peculiarità storiche, artistiche e ambientali è una meta imperdibile. Il nostro viaggio questa volta non si conclude, come di consueto, con un brindisi o con l’assaggio di una prelibatezza locale. Ci salutiamo con un fiore elegante e aristocratico: la camelia. L’abate Lorenzo Berlese (1784 – 1864), nativo di Campomolino frazione di Gaiarine, è stato uno dei massimi studiosi di questa pianta capace di ispirare Victor Hugo e Giuseppe Verdi. Insigne botanico e meticoloso collezionista, pur avendo trascorso tanti anni a Parigi, non ha mai dimenticato la terra natia alla quale ha voluto riservare un omaggio speciale ribattezzando una cultivar particolarmente bella con il nome di Cammelia Campomolendina.

(Autore: Marcello Marzani).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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