“Il paese è inabitabile e che dire della fame?”: Farra patì le pene dell’Inferno durante e dopo la Grande Guerra

Il 19 novembre 1918, esattamente 102 anni fa, il sergente Matteo De Faveri raccontava sul Gazzettino un mondo che a noi oggi sembra la Luna, la sua Farra di Soligo “danneggiatissima”, la gente in condizioni di vita disumane, la fame a farla da padrona.

Stava volgendo al termine l’an de la fan per la gente della Sinistra Piave occupata dal novembre 1917 dagli austro-ungarici e dai tedeschi: trionfanti a Caporetto, ben pasciuti nelle terre oggi Patrimonio Unesco, sconfitti a fine ottobre del 1918 e poi fuggiti verso i loro imperi in frantumi.

“A Col San Martino – scrive il sergente De Faveri, nonno di Marino De Faveri – gli abitanti in numero di oltre tremila sono stati tutti allontanati dal paese e trovasi seminati nella vicina provincia di Udine e nel Vittoriese. Il paese è reso completamente inabitabile e semidistrutto, più dalla mano nemica che dalle granate, non vi è una sola stanza per abitarvi, per mettervi un letto. Soligo fu meno danneggiata“.

Farra Grande guerra

Farra: il centro del Comune è stato danneggiattissimo dalle granate, il municipio, le filande Vedovati e molte case private riportarono gravi danni – prosegue la testimonianza diffusa dal nipote su Facebook -. Credo di poter dire che quella popolazione fu eroica per resistere nelle case fino al giorno della liberazione”.

Il tema cruciale, però, è un altro: “Che dire della fame? Dopo un mese che vi avevano messo piede i Germanici tutto era sparito: ci rubarono il maiale, le galline, le lenzuola, il grano, tutto insomma, perfino i poveri panni che mia moglie fasciava un tenero neonato, ancora sporchi”.

“Il 14 maggio mia moglie ha mescolato l’ultima polenta – continua la testimonianza del tempo -, dal 15 maggio al 15 luglio distribuirono un solo etto di farina per persona e vissero di erbe col sale e di foglie di ogni specie e, finalmente, un buon raccolto di more di gelso salvarono la vita a quelle povere creature”.

Farra Grande guerra1

Ma tutto questo è nulla di fronte ai patimenti e alle torture morali: impossibile descriverle! Uno schifoso rospo sarebbe da noi meglio trattato – afferma disperato De Faveri -. La fame ha decimato la popolazione di Farra, che ancora ne risente le fatali conseguenze”.

Una cosa mi ha commosso – conclude il sergente farrese -, cioè il sentire in mezzo a tanti patimenti di quale spirito di patriottismo fossero animate quelle sventurate creature. Ora si trovano nude, spoglie di tutto, ma fiduciose che la Gran Madre, la Patria, li soccorrerà assieme di altre nazioni che contribuirono al raggiungimento degli ideali di libertà e di giustizia”.

Storie di altri tempi che dovrebbero farci riflettere, tanto più che proprio 102 anni fa l’influenza spagnola, una gravissima pandemia mortale, dilagò in Italia e in Europa mettendo ancor più in ginocchio quelle persone già prive di tutto. La storia si ripete? Ai posteri l’ardua sentenza.

(Fonte: Luca Nardi © Qdpnews.it). 
(Foto: dal libro “I caduti della Grande Guerra di Farra di Soligo”).
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