I capelli di Angelina in cambio di un biglietto in terza classe per New York: una storia vera dal Cadore di fine Ottocento

Angelina, classe 1875, aveva i capelli più belli della sua contrada. Neri, scuri, lunghi come quelli di nessun’altra. In molte la invidiavano, apertamente o in segreto, facendole le smorfie alle spalle mentre passava accanto alla fontana pubblica, oppure additandola mentre se ne stava in piedi nei primi banchi della Chiesa di San Lucano.

Angelina, di contro, faceva una vita umile e non era per nulla vanitosa: era sua madre a lisciarle i capelli ogni sera, davanti alla stufa, anche lei con un certo prurito odioso, per la giovinezza disinvolta della figlia. Perché una donna a quel tempo poteva avere soltanto due cose: i figli e i capelli. E i figli non erano per sempre: a un certo punto se ne andavano.

E mentre i nodi della sua chioma venivano sradicati e costantemente annullati da quel tirare continuo, giorno dopo giorno, Angelina cresceva assieme ai capelli, che oramai quasi toccavano le ginocchia. Compiuti i diciott’anni, seduta su un muretto con le cugine e un’amica, pensò che il suo futuro non sarebbe dovuto rimanere in quel piccolo paese lungo l’Ansiei.

Seppe che dei parenti lontani si stavano organizzando per lasciare il paese, raggiungere la costa e imbarcarsi per l’America. In molti ormai avevano affrontato quel viaggio, che dai racconti non sembrava pericoloso, né particolarmente lungo (in realtà, lo era eccome). Di denaro, però, per Angelina non ce n’era a sufficienza, nemmeno accontentandosi dell’ultima classe.

Proprio dagli Stati Uniti tornò ad Auronzo un certo Luigi, un uomo abbastanza giovane e abbastanza gentile, che la scelse come sposa. Luigi aveva contribuito (stando ai suoi racconti) alla costruzione del Ponte di Brooklyn a New York City e riteneva che il Nuovo Continente fosse l’opportunità migliore per una giovane coppia. Così i coniugi vendettero il maiale e la mucca, oltre a tutto quel poco che avevano.

La tariffa del biglietto di terza classe, però, rimaneva pressoché irraggiungibile: i prezzi, visto l’aumento della richiesta, si erano alzati dall’ultima volta. Luigi e Angelina, in casa, si guardarono attorno: non c’era nulla che valesse quella cifra. Nulla, a parte, i capelli di lei, lunghi e di un bel nero lucido che tutte le donne avrebbero voluto indossare almeno una volta.

Li tagliò di netto con una forbice arrugginita, senza pensarci su troppo a lungo, facendo attenzione a non rovinarli. Prima pianse a lungo, poi li mise in una busta da lettera e corse a venderli all’emporio, dove il titolare teneva anche delle parrucche. Nonostante avesse tentato di raggirarla, Angelina ricavò dal compaesano un bel malloppo: più che sufficiente per pagare i biglietti di terza classe su una nave diretta a Ellis Island.

Affiancando una vetrina, Angelina incontrò con lo sguardo una ragazza che procedeva in senso opposto: aveva i capelli cortissimi, quasi come un uomo, e un’espressione soddisfatta, che mutò all’istante. Quando si avvicinò al vetro, realizzò che la ragazza nel riflesso era lei e si vergognò a tal punto che non volle più farsi vedere da nessuno.

Coricata nella sua stanza da letto, continuò a passarsi per giorni le mani sulla nuca rasata. Come avrebbe potuto esporsi alle occhiatacce delle coetanee? Come avrebbe potuto partire in quelle condizioni per un viaggio verso la modernità? In America le donne portavano le gonne corte e i tacchetti. Forse Luigi si sarebbe vergognato di lei al punto da non volersi mostrare suo marito.

Così la signorina attese per giorni, poi settimane, mesi e anni che i suoi capelli ricrescessero, ma nel frattempo ebbe dei figli e la famiglia finì per aggiustare il tetto della casa e poi quello del fienile.

Angelina, per vergogna, non partì mai più. Rimase per sempre ad Auronzo, dove “comprò” (come si suol dire in Cadore) ben dieci figli. Chissà quante volte, nella sua vita, Angelina avrà sognato l’America e le sue bellezze: alle signore di quel tempo, in montagna come in campagna, questi desideri frivoli non erano concessi.

Oggi, finalmente, i capelli tagliati della signora Angelina apparirebbero alla società come un simbolo di coraggio e ostinazione, senza incorrere nei dogmi culturali e religiosi di un tempo. Quella di Angelina, la cui storia è frutto di una testimonianza tramandata oralmente di generazione in generazione, è una forza che ancora siamo in grado di percepire negli occhi delle signore anziane che hanno vissuto in quei tempi ruvidi, quando ai sentimenti si sovrapponeva la fame e la tradizione.

(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it)
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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