“Vien via, no tocarlo che el te pisa sui oci”, alla scoperta del rospo comune con il tecnico faunista Fabio Dartora

Fabio aseo là che l’è del Comune. Dai vien via no tocarlo che el te pisa sui oci. Troppo tardi… lo avevo già in mano”: quante volte Fabio Dartora, tecnico faunista esperto in monitoraggio della fauna selvatica, si sarà sentito dire questa frase quando aveva in mano un rospo comune.

È proprio il rospo comune, infatti, il secondo protagonista del viaggio che Qdpnews.it ha deciso di fare in compagnia di Dartora alla scoperta degli animali che vivono nei boschi e nelle campagne dell’Alta Marca Trevigiana.

“Ricordo come fosse ieri – racconta il tecnico faunista che vive a Pederobba – quando da piccolo, avrò avuto 8 o al massimo 10 anni, passando con mia mamma e mio fratello davanti alla fontana della piazza di Vidor, ho visto una grossa femmina di rospo comune, caduta nel fossetto di scolo della fontana senza via di fuga. Ai miei occhi era l’animale più bello, grosso e bisognoso che esistesse al mondo. Non potevo lasciarlo lì, lo dovevo “salvare” ma, più che altro, per niente al mondo avrei perso una così grande occasione di osservare da vicino quella femmina di rospo comune. Come si muoveva, come si nutriva e cosa potesse trasmettermi a livello emotivo: mi si aprì un mondo: il magico mondo degli anfibi”.

“Ovviamente – prosegue – è vietatissimo maneggiare anfibi senza il possesso di autorizzazioni ministeriali, rilasciate a scopo di ricerca. Tra l’altro, la pelle secerne delle tossine irritanti che non conviene toccare: è la sua difesa personale. Il rospo comune è un rospo di grandi dimensioni che vive in tutta Europa. In Italia, anche se presente in tutta la penisola, è classificato come vulnerabile: negli ultimi 10 anni, infatti, è in declino almeno del 30 %, secondo il comitato italiano Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura). Lo si vede soprattutto all’inizio della primavera, quando tutti i rospi migrano verso i siti di riproduzione come stagni, laghi, canali e zone umide limitrofe ai fiumi”.

“Quando ero ragazzino – aggiunge – lo vedevo ovunque, frugando e girando per i campi e boschi. Lo trovavi quando cadeva nei tombini dell’irrigazione, sotto un pezzo di tronco abbandonato da anni, sotto i coppi avanzati da un vecchio restauro o sotto la luce di un capitello, intento a cacciare coleotteri nelle notti d’estate. Ora, però, non è più così: l’agricoltura tradizionale ha lasciato il posto all’agricoltura convenzionale. Nei tombini dell’irrigazione dei campi non trovi più rospi e anche nelle altre situazioni non si vedono più. Insomma: il rospo comune non è più così comune”.

“Il suo habitat – precisa Dartora – è molto diversificato: il rospo comune ama i boschi umidi, i campi coltivati con la presenza di siepi naturali e gli ambienti cespugliosi, un tempo lo si trovava spesso negli orti. Quando gli orti erano concimati con il letame, il rospo trovava un terreno fertile ricco di sostanza organica con molti lombrichi e ricco di insetti non della stessa specie. Il rospo comune è prettamente terricolo, si rifugia sottoterra, tra le foglie o sotto la sostanza legnosa morta nel terreno, dove ci sia un minimo di umidità. Di notte esce per cacciare insetti di ogni genere, all’inizio dell’inverno va in letargo svegliandosi poi all’inizio della primavera, quando la temperatura raggiunge circa i 12 gradi e l’umidità aumenta”.

“Compie grandi migrazioni verso i siti di riproduzione – conclude – e il maschio è molto più piccolo della femmina. Ogni maschio “abbraccia” una femmina, pronto alla fecondazione delle uova che vengono deposte in acqua sotto forma di cordoni doppi e lunghi. Le minacce principali per questa specie sono gli investimenti stradali: in primavera, infatti, un gran numero di individui vengono schiacciati dalle auto. A mio parere, la minaccia peggiore, invisibile e inesorabile, viene dalla riduzione degli habitat, soprattutto nella pianura dove l’agricoltura ha semplificato il paesaggio, lasciando ben poco spazio alla diversificazione ambientale e, di conseguenza, alla biodiversità. L’unica possibile via di uscita da questa situazione sono delle politiche di conservazione e miglioramento. La scomparsa di anfibi in un territorio è un forte segnale di degrado ambientale che, di riflesso, colpisce anche la nostra vita quotidiana”.

Quindi, come consiglia il tecnico faunista Dartora, se vedete un rospo non dategli un bacio, perché non diventerà un principe, ma dategli un habitat.

(Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it).
(Foto: per gentile concessione di Fabio Dartora).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Related Posts