A Tarzo l’antica arcipretale custodisce le opere di Cesare Vecellio e Giovanni De Min. Nella chiesetta di San Martino il prezioso altare ligneo dei Ghirlanduzzi

Il Comune di Tarzo, posizionato a cavallo delle colline che delimitano a sud la Valsana, presenta un territorio variegato, con le sue frazioni in parte arroccate tra i rilievi, in parte affacciate verso la pianura e in parte lambite dall’acqua del lago.

Questi angoli, così diversificati tra loro, sono ciascuno impreziositi dalla presenza di chiese e cappelle pregne di arte e testimonianze di devozione.

La prima di queste in ordine di importanza e centralità, è indubbiamente l’arcipretale di Tarzo, dedicata alla Beata Vergine della Purificazione e frutto di ricostruzione nel 1742. In precedenza, si hanno notizie di un luogo di culto dal 1202 e di un primo rifacimento nel 1579.

L’attuale edificio si presenta in facciata con un imponente sistema di semicolonne neoclassiche iniziato prima della Grande Guerra e terminato nel 1925, così come riportato nella dedicazione sopra il portale di accesso.

Dalla strada sopraelevata che gli passa di fronte, si nota a sinistra il campanile, una costruzione frutto di più interventi tra il 1540 ed il 1883, anno di completamento della guglia ottagonale.

Su quest’ultima, un interessante aneddoto: nel 1890 vi fecero arrampicare un bambino di undici anni, Antonio Pancotto, il quale vi dipinse le figure della Madonna, degli evangelisti e altri santi.

Il biancore delle pareti esterne della chiesa continua anche all’interno, ritmato da lesene e interrotto solo dallo sfondamento delle cappelline laterali.

È quindi immediata l’attrazione dell’occhio verso il presbiterio, dove l’altar maggiore e gli affreschi laterali rappresentano la maggior concentrazione di colore. Marmi bruni e bianchi incorniciano – e in un certo qual modo continuano – i toni caldi della tela di Cesare Vecellio raffigurate la Presentazione di Gesù al Tempio, degli ultimi anni del Cinquecento.

Le pareti laterali del coro fanno invece da supporto a due grandiose opere di Giovanni de Min, con la Disputa di Gesù al Tempio ed il Battesimo del Cristo, suoi ultimi lavori del 1859, vivacissimi per cromia, affollamento e gestualità dei personaggi.

Oltre alla parrocchiale di Tarzo, sul lato del territorio bagnato dall’acqua dei laghi troviamo San Martino, chiesa della frazione di Fratta. Documentata già nel XIII secolo, la struttura attuale è almeno in parte della fine del XV, così come di questo periodo sono gli interessantissimi affreschi del presbiterio.

Qui vediamo al centro il Cristo benedicente, affiancato dagli apostoli, San Lorenzo e San Martino, intervallati ciascuno da colonne e arcatelle rappresentanti le porte della Città Celeste.

La maggior parte di questi è purtroppo fruibile solo dal collo in giù, a causa dell’inserimento nel Settecento di un cornicione tutt’ora visibile. È però splendida da vedersi la sequenza delle loro vesti dai colori accesi e dai panneggi morbidi, che va ad incorniciare la gestualità delle mani e i tomi del Vangelo tenuti stretti contro il petto.

Le figure centrali sulla parete di fondo, di cui fortunatamente si vedono ancora le espressioni dei volti, sono state preservate dalla collocazione di un altare ligneo degli intagliatori cenedesi Ghirlanduzzi del XVII secolo, spostato ora contro la parete destra della navata. Un’opera di grande impatto decorativo, per l’uso di colori accesi e per l’abbondanza dell’oro a sottolineare capitelli, trabeazioni, tralci rampicanti e spessi motivi vegetali.

Al centro, la pala e il paliotto con le immagini del santo titolare Martino, rappresentato mentre divide il suo mantello per il povero. Una vera gemma incastonata nel gioiello che è San Martino, che impreziosisce con la sua presenza il borgo di Fratta e l’interno territorio della Vallata.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
(Fonte: Cristina Chiesura).
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